ABBATTERE I PREGIUDIZI CON LA SOLIDARIETA’- A cura di AMANDA LOGLI

ABBATTERE I PREGIUDIZI CON LA SOLIDARIETA’
(Le mie riflessioni sul film “Il giorno della Shoah” di Pasquale Squitieri)

A cura di
AMANDA LOGLI
(Classe 2/C_LSU)

Il recente terremoto nell’Italia centrale dell’Agosto-Ottobre 2016 (non ancora arrestatosi), con i suoi morti, i suoi feriti, le decine di migliaia di vite sconvolte, le attività lavorative e le abitazioni distrutte, la perdita dei ricordi più cari, ci ha fatto conoscere tante umane vicende che dalle macerie vengono in luce.
E’ questa una realtà di grande dolore, sofferenza e disperazione, che richiama alla memoria altre tragiche situazioni. Il regista Pasquale Squitieri, nel 2010 aveva portato alla luce un film di straordinaria testimonianza, che rievoca il terremoto d’Abruzzo del 2009, attraverso il quale riaffiora un profondo vincolo di umana solidarietà: “Il giorno della Shoah”.

La parola shoah in ebraico rappresenta una situazione di disgrazia, di distruzione, che colpisce inaspettatamente, forse anche immeritatamente, portando dolore e morte.
E’ comunque volontà di Dio a cui ci si deve rivolgere con speranza. L’esempio biblico è Giobbe, che accetta la volontà di Dio quando, nel bene, è padre di una numerosa e ricca famiglia; nel male, quando è colpito nella famiglia, nelle cose e nel corpo.
E’ con la parola shoah che Alberto, un anziano ebreo, commenta la distruzione che ha colpito l’Abruzzo terremotato nel 2009.
Alberto sta cercando, tra le rovine di Cosentino, la famiglia Rotondi, che , durante la guerra nel 1943, ospitò e nascose la sua famiglia, in fuga da Roma a seguito delle persecuzioni razziali.
Trova Nello, primogenito della famiglia Rotondi. Lo invita a Roma, nella sua casa, per ospitarlo lontano dal terremoto che ancora colpisce la terra abruzzese. Nello accetta, va a Roma; ma decide di tornare a Casentino, per ricostruire la sua casa e far rivivere la sua terra.
L’interesse di Alberto per la famiglia Rotondi è l’esempio di una riconoscenza, di uno scambio di solidarietà, che nasce dal superamento del pregiudizio della diversità.
Le diversità culturali e religiose non si devono trasformare in indifferenza verso il diverso. Ci deve essere impegno ad affermare principi di umanità indipendentemente dalle appartenenze. Non si può essere indifferenti al dolore, come all’ingiustizia, chiunque sia l’altro.
Credo che una situazione del film colpisca profondamente.
Per coprire la loro fede religiosa, gli ebrei nascosti a Casentino, prendevano l’ostia durante la messa.
Provoca indignazione pensare che si sia costretti a negare la propria identità per salvare la propria vita.
La scena testimonia la violenza a cui può arrivare l’uomo. Distrugge più del terremoto, cancellando per sempre culture ed identità attraverso l’odio.
Una realtà non certo lontana da noi. Ancora oggi le violenze, le discriminazioni e le guerre religiose e razziali sono la cronaca quotidiana, non solo fuori dall’Europa.
In Europa, negli anni 90, la guerra nell’ex Jugoslavia portò l’odio etnico e religioso nella nostra vita.
Oggi il conflitto mondiale con il terrorismo, rischia di dare nuova voce allodio religioso.
Se è vero che ogni individuo impara a valutare se stesso e la sua comunità in un insieme di relazioni, dove l’autostima e la valutazione positiva della propria comunità finiscono per essere la misura del bene e del male; Alberto, nel corso della guerra, rifugiandosi dai Rotondi, supera il sentimento di solidarietà esclusivamente vissuto nella propria comunità.
Alberto ha trovato in un paese povero, contadino e probabilmente arretrato rispetto alla società romana dove aveva vissuto fino alla fuga, a causa del forte stimolo della guerra, la forza di superare le barriere del pregiudizio e dello stereotipo create da religione e ceti sociali diversi. La sua esperienza individuale lo ha probabilmente cambiato, trascinando nel cambiamento la famiglia.
Alberto ha visto prevalere la solidarietà umana, che ha superato il pregiudizio contro l’ebreo, disegnato dalla propaganda come il nemico interno al paese.
La generosità di Alberto, che dopo tanti anni ricambia l’ospitalità, è il superamento dello stereotipo dell’ebreo venale ed egoista, solidale solo all’interno della propria comunità religiosa e sociale.
Trascorrere Natale e Pasqua ebraica insieme è il richiamo alla possibilità di convivere nello stesso contesto sociale.
Ci si potrebbe domandare se solo contesti tragici come la guerra o il terremoto sono in grado di modificare il rapporto tra comunità ed individui.
Sicuramente i forti cambiamenti, le situazioni eccezionali estremizzano le reazioni.
Nel film di Squitieri non manca il contrario: l’indifferenza verso il dolore dell’altro; la volontà di uccidere il diverso sentito come nemico in difesa della propria comunità. Gente normale, che la tragedia della guerra abbrutisce.
Probabilmente nella società italiana di oggi, una società che è caratterizzata da elementi culturali sempre più eterogenei, convivono ancora stereotipi e pregiudizi che possono facilmente emergere in versione negativa con il crescere delle tensioni sociali.
La sensazione, la percezione individuale del pericolo per la propria identità culturale, sociale ed economica, può spingere la riemersione di sentimenti che attribuiscono alla propria esclusiva identità un valore positivo assoluto.
Anche se la storia ha sempre vissuto di trasformazioni, c’è sempre la costante presenza di sentimenti che fanno del proprio contesto sociale l’unico degno di essere vissuto e difeso.
Si deve far crescere una comunità, che pure ha necessità del pregiudizio e dello stereotipo, assunti come aspetti non negativi, ma cognitivi della complessità che ci circonda, il senso positivo della vita; l’insieme degli aspetti positivi della natura umana, che è buona in quanto creatura di Dio.

 

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