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24 giugno 2015 - APPUNTI, Filosofiamo    No Comments

La funzione del criticismo di Kant

La funzione del criticismo di Kant.

Quando ci si affida ad un qualsiasi manuale di filosofia per ottenere una indicazione di massima e per poter comprendere l’epoca dell’illuminismo, è inevitabile imbattersi nella definizione che Kant fornisce nel suo breve saggio del 1784 intitolato “Risposta alla domanda: che cos’è l’illuminismo?”, ove Kant scrive:

«L’illuminismo è l’uscita dell’uomo da una condizione di minorità di cui egli stesso è responsabile. Minorità è l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida d’altri”.

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In quale clima culturale si colloca il contributo di August Comte

Cosa accade nei primi vent’anni dell’800 in Europa?

August Comte opera in una atmosfera intellettuale dell’Europa, nella quale è egemone la cultura e la filosofia del romanticismo. Nei primi vent’anni dell’800 si assiste ad una frizione (contrasto) tra la cultura europea, che mediante il romanticismo rivendica la centralità del sentimento tramite l’arte e la religione, mettendo in secondo piano l’importanza della ragione e della scienza che erano state esaltate dall’illuminismo. L’illuminismo  era stato responsabile dell’avvento della rivoluzione francese, dopo la quale si avvertirono le contraddizioni, conseguenti al fatto che la rivoluzione riconobbe in ambito sociale piena dignità solo alla borghesia, valorizzando le prerogative unicamente di coloro che avevano acquisito un ruolo decisionale nella società. Il popolo restava così escluso. E sarà il romanticismo pronto a cogliere le aspirazioni, i desideri e l’anelito del “sentimento umano”, espressione dell’unità spirituale del popolo, il wolksgeist (“wolk” = popolo e “geist” = spirito). Nonostante ciò, nella realtà concreta emergeva sempre più con forza il potere di quella borghesia che, grazie alla rivoluzione francese ed a quella industriale, dava luogo ad un reale progresso materiale. Quindi, se la cultura col romanticismo insisteva sulla spiritualità del popolo nel suo insieme e sull’universalità dell’espressione del sentimento, nella realtà effettiva, materiale, concreta (positiva), prendeva forza l’urgenza di organizzare la società in modo da dirigere e controllare il progresso economico e materiale. E’ August Comte che, interessato a fondare una fisica sociale, conia il termine “positivo” in un duplice significato:

1. “positivo” è tutto ciò che è effettivo, sperimentale, concreto e verificabile mediante l’esperienza, in contrapposizione a ciò che è astratto, chimerico o semplicemente ipotetico;

2. “positivo” è tutto ciò che è fecondo, utile e pratico, rispetto invece a ciò che è inutile, ozioso o ispirato dalla fantasia e dal sentimento.

E’ così che August Comte dà origine ad un orientamento culturale nuovo in contrapposizione al romanticismo e precisamente al positivismo, che è una corrente filosofica ed intellettuale, perché coinvolgerà anch’essa la letteratura e l’arte. Però il positivismo si proporrà di valorizzare soltanto ciò che è scientificamente rilevante, mettendo così fuori gioco tutte quelle pretese metafisiche rinvigorite dal romanticismo stesso.

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19 giugno 2015 - APPUNTI, Filosofiamo    No Comments

Razionalismo ed Empirismo

Cosa sostiene il razionalismo?

Il razionalismo sostiene che la ragione è la via principale per le  nostre conoscenze. Noi conosciamo la realtà tramite la nostra ragione: è la ragione che stabilisce il rapporto tra soggetto e oggetto, tra io e mondo, ed  è lì, nella mente, la chiave della possibilità di conoscere.  Ma la ragione procede per astrazioni, per idee “ chiare e distinte” ( Cartesio); si muove bene nei rigori della matematica, nelle operazioni con idee spogliate degli aspetti mutevoli delle sensazioni. I concetti della ragione sono necessari e autoevidenti  ( a priori dirà Immanuel  Kant , cioè non hanno bisogno della conferma dell’esperienza): ad esempio “tutti i corpi sono estesi”, sono concetti veri in sé,  non vengono confermati o smentiti dall’esperienza.  Il razionalista quindi tende a , come dire, “ restare dentro la mente”, cercando concetti universali di ordine e di misura che, con “catene di ragionamenti” si possano  applicare ad ogni ramo dello scibile, compresa la morale e la politica, e avviarne la quantificazione geometrica. Il razionalista si rapporta male con l’esperienza sensibile, che è varia, mutevole, imprevedibile e soggettiva, ed è portato per questo a dare scarso valore conoscitivo alle percezioni dei nostri sensi, che  spesso si contraddicono e ingannano. Il razionalista tende all’innatismo, cioè a ipotizzare idee innate,  non provenienti dall’esperienza sensibile, ma precedenti ad essa in quanto indispensabili per giustificarla. Il razionalismo quindi, nel suo rigoroso “mentalismo”  (cioè tendenza a privilegiare la mente, rispetto alla sensazione) è portato a costruire sistemi perfetti ma, come dire, “interni” alla mente : le nostre percezioni, (che prima di tutto ci arrivano dai sensi: vista, udito, gusto ecc.) sono variabili, soggettive, effimere e mal si accordano con una impostazione razionalista della gnoseologia.

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