

Riepilogo su Soren Kierkegaard
RIEPILOGO SU SOREN KIERKEGAARD (Copenhagen 1813-1855)
Opere rilevanti da ricordare: “Aut-aut” (di cui fa parte “Diario di un seduttore”, 1843); “Timore e tremore” (1843); “Il concetto dell’angoscia” (1844); “La malattia mortale” (1849).
Perché una filosofia contro Hegel?
La filosofia di Kierkegaard, riscoperta ed apprezzata nel Novecento, si contrappone alle certezze propagandate dall’idealismo, evidenziando la centralità dell’uomo singolo contro lo Spirito universale; l’importanza dell’esistenza contro la ragione; le concrete alternative conflittuali della vita contro la sintesi dialettica risolutrice di ogni contraddizione; la libertà come totale possibilità contro la libertà come ordinata necessità. Per Kierkegaard è l’esistenza che rappresenta la concretezza della realtà, per cui le scelte di ogni singolo individuo sono simbolo di libertà contro ogni determinismo. l’uomo è incessantemente costretto ad operare delle “scelte”; egli si trova solo di fronte ad esse e ciascuna rappresenta un salto nel vuoto, perché, scegliendo, il singolo individuo assume un ruolo e rinuncia a tutte le altre possibilità di esistenza. Ogni scelta è sempre accompagnata da un sentimento di angoscia, in quanto l’uomo non saprà mai se ha fatto la scelta giusta. In tal senso Kierkegaard pone l’attenzione sulla dimensione della vita dell’individuo: in particolare sul rapporto essenza/esistenza. Per Kierkegaard il limite del sistema hegeliano è quello di trascurare l’esistenza concreta: l’uomo è semmai perennemente angosciato dalla scelta e, vivendo nella dimensione dell’esistenza, non ha alcun riferimento rassicurante in senso oggettivo o universale. Secondo Hegel, l’uomo non è altro che un “anello” necessario del divenire dello Spirito, cioè un momento dello sviluppo della razionalità nel mondo e del ritorno dello Spirito a sé. Invece, secondo Kierkegaard, la filosofia deve adottare un altro punto di vista: quello del singolo ed assumerlo come proprio oggetto. E’ a partire dal singolo come categoria che la realtà dev’essere veramente colta ed interpretata. La vita dell’uomo è possibilità, che implica il rischio, cioè la responsabilità della scelta. Per questo il termine fondamentale della riflessione di Kierkegaard è la parola “possibilità”: l’uomo è continua e infinita possibilità. Di qui l’”angoscia”: in noi abita sempre il presentimento, la minaccia del nulla. Se siamo possibilità sempre aperta, per noi non ci sarà un’unica possibilità di autorealizzazione. In tal senso la filosofia è lo sforzo di chiarire le possibilità fondamentali che si offrono all’uomo, ovvero quegli stadi della vita che costituiscono le principali alternative dell’esistenza, tra le quali l’individuo è chiamato a scegliere.