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Come favorire la creatività della mente.

Quando il benessere è generato dalla creatività della mente?

Di fronte a questo interrogativo non possiamo ignorare l’utilità della conoscenza delle potenzialità che la mente riserva come risorsa per il benessere umano. A tal fine, però, è importante precisare che il pensiero creativo può tradursi in benessere mentale e fisico, soltanto quando si propone come alternativa valida ad escludere i pensieri negativi, i quali riducono la capacità non solo di esplorare il nostro mondo interiore, ma anche di considerare le molteplici occasioni che la realtà ci offre. 

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Il conformismo nell’analisi sociale

Premessa.

Durante la vita quotidiana, è difficile non lasciarsi sedurre dalle opinioni correnti, dalle ideologie alla moda, dallo stile di vita dei più. Se seguiamo il gruppo, se ci sottomettiamo alle regole della maggioranza, la nostra vita sembra spesso procedere senza ostacoli, lubrificata, in discesa. Eppure l’innovazione, il progresso, la stessa piena autorealizzazione individuale necessitano di personalità che abbiano il coraggio di pensare in modo divergente e originale e che non accettino gli stereotipi e i luoghi comuni correnti.

In realtà i più grandi cambiamenti avvenuti nel corso della storia, che hanno allargato le libertà e le conquiste tecnico-scientifiche, di cui ancora oggi godiamo i frutti, li dobbiamo a uomini che hanno osato contestare ed opporsi all’opinione corrente, con coraggio ed energia.

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Due fasi dello sviluppo dell’identità Il contributo di Margaret Mahler

Due fasi dello sviluppo dell’identità Il contributo di Margaret Mahler

Abbiamo visto che Erikson delinea otto stadi di sviluppo della personalità, nei quali centrale è il senso di “fiducia” che orienta l’individuo nella costruzione della sua identità. Infatti in ognuno di questi otto stadi (o cicli della vita), l’individuo conquista traguardi importanti per la caratterizzazione della propria identità, oppure può entrare in crisi, compromettendo così componenti delle precedenti conquiste essenziali per la sua identità personale in quel determinato ciclo di vita. Di recente gli studi sullo sviluppo dell’identità sono stati arricchiti dal contributo di una psicanalista ungherese, margaret Mahler, la quale definisce la cosiddetta prima fase dello sviluppo dell’identità. Se noi guardiamo al pensiero di Eriksson, constatiamo che l’acquisizione dell’identità è un traguardo fondamentale nel ciclo dell’adolescenza. Gli studi della Mahler chiariscono che, prima dell’adolescenza, il bambino deve acquisire un precedente sviluppo psicologico dell’identità, perché questo costituisce la base essenziale dell’identità successiva, senza il quale non si realizzerà armonicamente quella seconda fase dello sviluppo dell’identità, propria dell’adolescenza, che si apre alla vita dell’individuo adulto.La Mahlerillustra molto bene come la nascita psicologica del bambino non coincida con quella biologica, dimostrando che lo stesso sviluppo psicologico non è corrispondente a quello biologico, ma è determinato e favorito da delle condizioni, senza le quali può essere resa problematica la futura vita psicologica del bambino.

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Il Sé per Erikson

Il Sé per Erikson

Il tema dell’identità è conteso tra gli psicologi della personalità e gli psicologi sociali. I primi si occupano dell’identità sul piano dello sviluppo della personalità, individuando quali cambiamenti, nonostante gli elementi di continuità, si manifestino nell’individuo. Gli psicologi sociali sono altrettanto attenti a definire l’identità, distinguendola dal Sè, nella misura in cui nell’individuo si giocano sia gli aspetti di unicità, di originalità e di irripetibilità che riguardano il “me” dell’individuo e quindi la propria identità personale, mentre il Sé è quell’identità costitutiva dell’”Io” individuale di ciascuno, che risulta come prodotto dell’interazione tra l’individuo stesso e gli altri. In questo caso gli psicologi sociali contemplano, a differenza degli psicologi della personalità, aspetti fondamentali come l’età, il genere, il ruolo, lo status e il posto sociale occupato. Infatti il Sè si arricchisce della valutazione che gli altri esprimono/manifestano sull’identità delle persone, valorizzata da questi aspetti. Ci sono poi elementi più psicologici o personali, che concorrono a sostanziare il Sè. Questi aspetti psicologici riguardano il tipo di educazione acquisita, il grado o il livello di cultura raggiunto, la qualità dell’intelligenza, le competenze possedute (compresa quella del saper comunicare) ed anche tutta una serie di doti personali, come la socievolezza (relativa allo sviluppo sociale), la lealtà  o responsabilità ed affidabilità del soggetto (in relazione al suo sviluppo morale), l’intensità delle relazioni interumane sul piano emotivo ed affettivo (come conseguenza dello sviluppo affettivo maturato), eccetera. Erikson, come neopsicanalista, mantiene e sviluppa non pochi legami concettuali della Psicoanalisi; però ridimensiona l’importanza dell’inconscio, tema questo centrale nella teoria di Freud. Oltre a ciò, Erikson, a differenza di Freud, pone l’accento sull’”Io” dell’individuo, considerandolo come il punto di incontro tra il “me” del soggetto stesso costantemente alla ricerca della propria identità ed il Sè risultante dal rapporto fiducia/sfiducia, che l’individuo intreccia, nei vari cicli della vita, con il mondo esterno, quindi con gli altri. Mentre per George Herbert Mead il “me” ed il “Sè” sono due dimensioni distinte della personalità, la quale deve costantemente bilanciare e compensare tra loro, evitando che l’una prenda il sopravvento sull’altra, per Erikson queste due componenti dell’identità dell’individuo si presentano sempre in forma composita, cioè come “Io”, perché, fondendosi insieme, definiscono un “Io”, che può modificarsi nellarco dei cicli della vita e che connota, in ogni fase, l’identità della persona. L’Io per Erikson costituisce pertanto la complessa fusione del “me” con il “Sé”. George Mead ha invece una diversa impostazione di pensiero: è orientato a dimostrare che l’individuo è in grado di plasmare elementi nuovi, grazie al potere dei simboli, attuato attraverso gesti e linguaggi. Egli è uno psicologo sociale e, come tale, tiene distinte queste due dimensioni dell’individuo: il “me” ed il “Sé”, perché il suo interesse è finalizzato a scandagliare, punto per punto, le dinamiche tra l’individuo e gli altri, responsabili del costituirsi del suo Sè. La preoccupazione per Mead è di cogliere, oltre alle caratteristiche costitutive del Sé, soprattutto nello specifico la tensione e il rapporto di dominanza che si istituisce tra il Sé ed il me. Secondo lui la funzione della socialità verrebbe svolta dal pensiero e dall’opinione degli altri esseri umani integrati nella collettività. Il “me” costituisce per Mead l’assorbimento degli atteggiamenti degli altri, mentre il Sé (che egli chiama anche “Io”) è la reazione del soggetto in risposta all’interazione con l’ambiente, effettuata tramite l’intervento limitante del “me” sul Sé o Io. Per Mead vi dev’essere un giusto equilibrio fra la libertà di azione e di iniziativa dell’individuo e l’integrazione delle singole unità dei soggetti nella collettività, al fine di salvaguardare tutti i differenti “me” che gli individui esprimono. A differenza di Mead, il sociologo Erving Goffman ritiene che la società non sia una creatura omogenea e che la vita sia un teatro, dove il comportamento individuale è interpretabile alla luce dell’ampio contesto subordinato all’interazione simbolica faccia a faccia. Per questo motivo, secondo lui, noi dobbiamo recitare in modo diverso a seconda dei differenti teatri nei quali ci troviamo. Al riguardo egli insiste sull’analisi del Sé, mettendo completamente in secondo piano la rilevanza del “me”, ossia quell’interiorità psicologica e individuale del soggetto. Infatti per Goffman il Sé non è il risultato delle dinamiche tra l’individuo e gli altri, ma, pur definendosi ciascuno di noi in rapporto agli altri, il Sé è l’intenzionale manifestarsi che l’individuo fa di se stesso, rappresentandosi come su un palcoscenico. Tutti gli individui, per Goffman, si comportano volutamente o meno come abili attori, assumendo molteplici ruoli sul palcoscenico della società. Quindi per Goffman gli altri ci valutano per come noi ci proponiamo. E’ così che per Goffman il Sé si costituisce in relazione agli altri, ma in conseguenza a come ciascuno si presenta o si manifesta. Invece per Mead la costituzione del Sé non parte dall’individuo, bensì dalla reciproca azione e contro azione dell’individuo con gli altri. Il Sè per Mead è il risultato dialettico tra noi e gli altri, mentre per Goffman il Sé è il risultato della rappresentazione che ciascuno dà di se stesso agli altri.

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