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Il Sé per Erikson

Il Sé per Erikson

Il tema dell’identità è conteso tra gli psicologi della personalità e gli psicologi sociali. I primi si occupano dell’identità sul piano dello sviluppo della personalità, individuando quali cambiamenti, nonostante gli elementi di continuità, si manifestino nell’individuo. Gli psicologi sociali sono altrettanto attenti a definire l’identità, distinguendola dal Sè, nella misura in cui nell’individuo si giocano sia gli aspetti di unicità, di originalità e di irripetibilità che riguardano il “me” dell’individuo e quindi la propria identità personale, mentre il Sé è quell’identità costitutiva dell’”Io” individuale di ciascuno, che risulta come prodotto dell’interazione tra l’individuo stesso e gli altri. In questo caso gli psicologi sociali contemplano, a differenza degli psicologi della personalità, aspetti fondamentali come l’età, il genere, il ruolo, lo status e il posto sociale occupato. Infatti il Sè si arricchisce della valutazione che gli altri esprimono/manifestano sull’identità delle persone, valorizzata da questi aspetti. Ci sono poi elementi più psicologici o personali, che concorrono a sostanziare il Sè. Questi aspetti psicologici riguardano il tipo di educazione acquisita, il grado o il livello di cultura raggiunto, la qualità dell’intelligenza, le competenze possedute (compresa quella del saper comunicare) ed anche tutta una serie di doti personali, come la socievolezza (relativa allo sviluppo sociale), la lealtà  o responsabilità ed affidabilità del soggetto (in relazione al suo sviluppo morale), l’intensità delle relazioni interumane sul piano emotivo ed affettivo (come conseguenza dello sviluppo affettivo maturato), eccetera. Erikson, come neopsicanalista, mantiene e sviluppa non pochi legami concettuali della Psicoanalisi; però ridimensiona l’importanza dell’inconscio, tema questo centrale nella teoria di Freud. Oltre a ciò, Erikson, a differenza di Freud, pone l’accento sull’”Io” dell’individuo, considerandolo come il punto di incontro tra il “me” del soggetto stesso costantemente alla ricerca della propria identità ed il Sè risultante dal rapporto fiducia/sfiducia, che l’individuo intreccia, nei vari cicli della vita, con il mondo esterno, quindi con gli altri. Mentre per George Herbert Mead il “me” ed il “Sè” sono due dimensioni distinte della personalità, la quale deve costantemente bilanciare e compensare tra loro, evitando che l’una prenda il sopravvento sull’altra, per Erikson queste due componenti dell’identità dell’individuo si presentano sempre in forma composita, cioè come “Io”, perché, fondendosi insieme, definiscono un “Io”, che può modificarsi nellarco dei cicli della vita e che connota, in ogni fase, l’identità della persona. L’Io per Erikson costituisce pertanto la complessa fusione del “me” con il “Sé”. George Mead ha invece una diversa impostazione di pensiero: è orientato a dimostrare che l’individuo è in grado di plasmare elementi nuovi, grazie al potere dei simboli, attuato attraverso gesti e linguaggi. Egli è uno psicologo sociale e, come tale, tiene distinte queste due dimensioni dell’individuo: il “me” ed il “Sé”, perché il suo interesse è finalizzato a scandagliare, punto per punto, le dinamiche tra l’individuo e gli altri, responsabili del costituirsi del suo Sè. La preoccupazione per Mead è di cogliere, oltre alle caratteristiche costitutive del Sé, soprattutto nello specifico la tensione e il rapporto di dominanza che si istituisce tra il Sé ed il me. Secondo lui la funzione della socialità verrebbe svolta dal pensiero e dall’opinione degli altri esseri umani integrati nella collettività. Il “me” costituisce per Mead l’assorbimento degli atteggiamenti degli altri, mentre il Sé (che egli chiama anche “Io”) è la reazione del soggetto in risposta all’interazione con l’ambiente, effettuata tramite l’intervento limitante del “me” sul Sé o Io. Per Mead vi dev’essere un giusto equilibrio fra la libertà di azione e di iniziativa dell’individuo e l’integrazione delle singole unità dei soggetti nella collettività, al fine di salvaguardare tutti i differenti “me” che gli individui esprimono. A differenza di Mead, il sociologo Erving Goffman ritiene che la società non sia una creatura omogenea e che la vita sia un teatro, dove il comportamento individuale è interpretabile alla luce dell’ampio contesto subordinato all’interazione simbolica faccia a faccia. Per questo motivo, secondo lui, noi dobbiamo recitare in modo diverso a seconda dei differenti teatri nei quali ci troviamo. Al riguardo egli insiste sull’analisi del Sé, mettendo completamente in secondo piano la rilevanza del “me”, ossia quell’interiorità psicologica e individuale del soggetto. Infatti per Goffman il Sé non è il risultato delle dinamiche tra l’individuo e gli altri, ma, pur definendosi ciascuno di noi in rapporto agli altri, il Sé è l’intenzionale manifestarsi che l’individuo fa di se stesso, rappresentandosi come su un palcoscenico. Tutti gli individui, per Goffman, si comportano volutamente o meno come abili attori, assumendo molteplici ruoli sul palcoscenico della società. Quindi per Goffman gli altri ci valutano per come noi ci proponiamo. E’ così che per Goffman il Sé si costituisce in relazione agli altri, ma in conseguenza a come ciascuno si presenta o si manifesta. Invece per Mead la costituzione del Sé non parte dall’individuo, bensì dalla reciproca azione e contro azione dell’individuo con gli altri. Il Sè per Mead è il risultato dialettico tra noi e gli altri, mentre per Goffman il Sé è il risultato della rappresentazione che ciascuno dà di se stesso agli altri.

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La genesi della teoria dei quattro temperamenti

La genesi della teoria dei quattro temperamenti

 Che cos’è il temperamento?

Il temperamento è un aspetto della personalità alquanto trascurato dalla Psicologia moderna. Non c’è grande sintonia tra gli psicologi su che cosa debba intendersi per temperamento, e su come esso si distingua dal carattere. Tuttavia, il concetto di temperamento è uno dei più antichi nella storia della psicologia e non sembra affatto il caso di metterlo in disparte, poiché esso consente di raggiungere risultati non trascurabili nella comprensione delle differenze individuali, soprattutto nel campo della Psicologia dell’infanzia. La collocazione ideale del temperamento è tra la costituzione (fisica) ed il carattere (psichico), ed esso sembra costituire un ponte tra la struttura costituzionale e gli aspetti comportamentali. Potremmo dire che il temperamento è il complesso di inclinazioni interiori, che scaturiscono dalla costituzione fisiologica della persona umana. Esso è la caratteristica dinamica di ogni individuo, che risulta dal primato fisiologico di un sistema organico, come il sistema nervoso o quello sanguigno, o di un umore, come la bile o la linfa. Dunque il temperamento è qualche cosa di congenito nell’individuo, perciò non scompare mai. Va precisato che nessun temperamento esiste nella realtà come chimicamente puro.

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Il significato dell’infanzia ed il ruolo delle cure materne nella formazione dell’identità psicologica

La riflessione filosofica sull’educazione a posto l’accento fin dall’antichità sul significato dell’infanzia per evidenziare come il bambino avesse ed abbia bisogno di particolari attenzioni, insegnamenti e cure, per crescere, fortificarsi e diventare un adulto pienamente autonomo, libero e realizzato. In questo senso l’infanzia ha assunto nei secoli un significato ben preciso: essa riguardava la condizione di un soggetto incompleto, che doveva formarsi e che non era capace di intendere come gli adulti. Il nuovo significato di infanzia, che la Psicologia dell’età evolutiva introduce agli inizi del secolo scorso, è riferito invece alla considerazione di un soggetto tutt’altro che incapace, inetto, semplicemente perché bisognoso di crescere, di alimentarsi, quindi di essere accudito e, a tempo debito, anche istruito. Fin dalle prime indagini condotte sullo sviluppo psichico è stato dimostrato che l’infante alla nascita si trova ad attraversare un periodo delicato e determinante per tutte le sue successive acquisizioni e non solo per quelle coinvolte nel periodo dell’età evolutiva.

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Considerazioni sullo sviluppo psichico

Qual è la differenza tra la Psicologia dello sviluppo e la Psicologia del ciclo di vita?

Nell’ambito dello studio della Psicologia, dobbiamo distinguere tra l’indagine della psicologia generale, che ricerca, studia e individua gli aspetti di stabilità dei processi mentali, come pure della struttura della personalità, ela Psicologiadello sviluppo, che prende in esame le modificazioni, i cambiamenti e dunque l’evoluzione sia dei processi mentali, sia della struttura della personalità, con particolare riferimento per quest’ultima allo sviluppo affettivo e sociale. I due studiosi rappresentativi della psicologia dello sviluppo sono stati Piaget e Freud, anche se la loro indagine è stata condotta su due distinti binari, tra loro paralleli. Read more »

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