Due fasi dello sviluppo dell’identità Il contributo di Margaret Mahler

Due fasi dello sviluppo dell’identità Il contributo di Margaret Mahler

Abbiamo visto che Erikson delinea otto stadi di sviluppo della personalità, nei quali centrale è il senso di “fiducia” che orienta l’individuo nella costruzione della sua identità. Infatti in ognuno di questi otto stadi (o cicli della vita), l’individuo conquista traguardi importanti per la caratterizzazione della propria identità, oppure può entrare in crisi, compromettendo così componenti delle precedenti conquiste essenziali per la sua identità personale in quel determinato ciclo di vita. Di recente gli studi sullo sviluppo dell’identità sono stati arricchiti dal contributo di una psicanalista ungherese, margaret Mahler, la quale definisce la cosiddetta prima fase dello sviluppo dell’identità. Se noi guardiamo al pensiero di Eriksson, constatiamo che l’acquisizione dell’identità è un traguardo fondamentale nel ciclo dell’adolescenza. Gli studi della Mahler chiariscono che, prima dell’adolescenza, il bambino deve acquisire un precedente sviluppo psicologico dell’identità, perché questo costituisce la base essenziale dell’identità successiva, senza il quale non si realizzerà armonicamente quella seconda fase dello sviluppo dell’identità, propria dell’adolescenza, che si apre alla vita dell’individuo adulto.La Mahlerillustra molto bene come la nascita psicologica del bambino non coincida con quella biologica, dimostrando che lo stesso sviluppo psicologico non è corrispondente a quello biologico, ma è determinato e favorito da delle condizioni, senza le quali può essere resa problematica la futura vita psicologica del bambino.

Quali sono le condizioni che determinano lo sviluppo psicologico del bambino

Le condizioni, che favoriscono lo sviluppo psicologico del bambino, sono date dalla qualità delle relazioni primarie e di cura da parte della madre verso il proprio figlio. La crescita è un fenomeno essenzialmente biologico, che richiede cure nell’alimentazione, nell’igiene e successivamente anche nell’istruzione. Un bambino istruito è un bambino ben nutrito di acquisizioni conoscitive, perché ha un repertorio di informazioni e di conoscenze. L’istruzione non coincide con il processo dell’educazione, perché quest’ultimo non mette in gioco il semplice sapere o conoscere, bensì il “saper essere” con gli altri e per gli altri. E’ così che nell’educazione assumono un ruolo centrale la comunicazione ed anche il gioco, quest’ultimo decifrato come particolare forma di comunicazione tra noi e gli altri. Un bambino istruito, ma privo di un’adeguata educazione, possiede molte conoscenze, ma non è detto che sappia agire, interagire e quindi comportarsi in modo da valorizzare il suo Sè.

Differenza Tra identità e Sè

 Abbiamo già visto l’anno scorso che il concetto di identità può essere inteso in senso psicologico, cioè in termini di identificazione della personalità di qualcuno, oppure in senso sociale, cioè in base al ruolo, al posto, allo status o al tipo  di lavoro che ciascuno svolge, oppure in senso fisico/biologico, cioè in termini di identità relativa al genere, all’età ed alle caratteristiche fisiche. Il Sè, che viene spesso scambiato per l’identità psicologica dell’individuo, non è il “me” del soggetto, cioè tutto quello che io mi sento e mi riconosco, bensì è un prodotto risultante dalla nostra interazione con gli altri. Di conseguenza il Sé identifica l’individuo, ma non in relazione a come egli si percepisce, quindi al suo sviluppo psicologico, bensì in funzione dell’immagine di Sè, che l’individuo riceve stando con gli altri. Ovviamente un individuo normale deve trovare un equilibrio tra il “me” e il “Sé”, evitando di ridurre narcisisticamente il Sè rispetto al me oppure, in modo dipendente, comprimere il me rispetto al Sé. Un chiarimento è d’obbligo però: se il me viene sminuito a favore del Sé, cioè di come gli altri mi percepiscono, l’individuo potrà sviluppare una personalità dipendente dagli altri e, per non perdere la valutazione positiva degli altri, tenderà ad agire in funzione delle aspettative della collettività.

Qual è l’importanza dello studio della Mahler

Abbiamo detto chela Mahlerattribuisce una grande importanza allo sviluppo psicologico per la formazione dell’identità dell’individuo, una formazione che non ha una dipendenza dalla crescita biologica, ma che è l’effetto della qualità delle cure e delle relazioni  materne ricevute. A partire dalla nascita,la Mahleridentifica tre fasi o tappe dello sviluppo dell’identità:

  1. fase dell’autismo normale;
  2. fase simbiotica normale,
  3. fase di separazione/individuazione.

La prima fase si concentra durante le prime settimane di vita (i primi due mesi) e precisamente quando il sistema nervoso del bambino si sta ancora formando. Il piccolo non ha una chiara percezione degli stimoli esterni: avverte il mondo come ovattato e le fisionomie che coglie non sono ben definite. Il bambino quindi è tutto proteso su se stesso, su ciò che egli prova, per cui il suo autismo ha un carattere narcisistico. Egli si avverte come bastevole a se stesso, come se tutto dipendesse da lui, mentre il risultato del suo benessere o malessere è dovuto alle cure prestategli da chi gli sta intorno. Dopo il secondo mese, il piccolo sposta la sua attenzione concentrata su se stesso  al rapporto simbiotico che vive con la madre: egli si sente tutt’uno con qualcun altro. Sono le coccole, le attenzioni, il contatto diretto che colpiscono il bambino, facendo sviluppare in lui il senso psicologico prima della sicurezza, poi della fiducia. Il bambino percepisce tutto questo a livello di sensazioni fisiologiche, perché non ha ancora un io sviluppato. In questo rapporto simbiotico con la madre, è la disponibilità della madre stessa (le sue cure e le sue attenzioni primarie) a fungere da “io organizzatore” verso il mondo esterno. Se venisse meno questo rapporto simbiotico, il bambino si troverebbe privato di qualcosa di fondamentale, cioè di parti di se stesso, che lo mettono in contatto con il mondo. Attenzione! E’ in questa fase simbiotica che il bambino inizia a distinguere meglio gli stimoli del mondo, con i quali egli può interagire se è in simbiosi appunto con qualcuno. Dal secondo anno di vita fino al terzo, si  concentra la terza fase di cui parlala Mahler, determinante per lo sviluppo dell’identità: la fase della separazione-individuazione. E’ in questa fase che il bambino comincia a differenziare, nel rapporto simbiotico con la madre, la distinzione tra lui e lei. Egli percepisce tale distinzione perché comincia ad avere quelle energie per muoversi con una certa autonomia rispetto a lei. E’ per questo che egli scopre che la madre non è un prolungamento di se stesso, ma è distinta da lui. Però, in questa fase di separazione, si deve costituire la cosiddetta “individuazione”, cioè il bambino deve cogliere o individuare chi è lui. In questa fase di separazione/individuazione, è presente una sotto fase, detta del “riavvicinamento”. In altre parole, poiché il bambino si percepisce come distinto Dalla madre (da lei separato), è fondamentale in questa sotto fase che egli avverta punti di accordo, di condivisione con la madre stessa. Ancora una volta è importante l’attenzione e la disponibilità della madre a cogliere i bisogni ed i desideri del bambino, affinchè egli non si senta contrastato e perché non viva una situazione di conflitto. L’intesa o l’accordo con la madre rinforza  il senso di sicurezza del bambino, conferendo un carattere alla sua identità.

La seconda fase dello sviluppo dell’identità durante l’adolescenza

Per dirla con Erikson l’adolescenza è un ciclo della vita particolarmente vulnerabile,, critico. Infatti in tale periodo si deve compiere quella “seconda fase dello sviluppo psicologico dell’identità” dell’individuo, perché lo introduce nella vita adulta. Ovviamente questa fase di costruzione dell’identità si organizza a partire dall’immagine del proprio corpo e quindi in rapporto a quel Sé, come prodotto della percezione che gli altri hanno di noi. In questo caso l’identità deve vincere e superare insicurezze, disagi, o conflitti intrapsichici ed intersoggettivi, che il giovane sperimenta per definire la sua autonomia e capacità decisionale non solo rispetto agli altri ma in particolare rispetto agli adulti. E’ in questa fase che il giovane cerca un riscontro della sua maturità psicologica, per definire la sua identità rispetto agli altri. Un pericolo frequente degli adolescenti è quello di stabilire uno strettissimo parallelismo tra maturità psicologica e prestanza fisica, parallelismo che spesso nasconde l’inadeguato sviluppo maturativo del giovane adolescente. Per ogni opportuno approfondimento su questa fase dello sviluppo si rimanda alla spiegazione che ne dà Erikson.

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