Il conformismo nell’analisi sociale

Premessa.

Durante la vita quotidiana, è difficile non lasciarsi sedurre dalle opinioni correnti, dalle ideologie alla moda, dallo stile di vita dei più. Se seguiamo il gruppo, se ci sottomettiamo alle regole della maggioranza, la nostra vita sembra spesso procedere senza ostacoli, lubrificata, in discesa. Eppure l’innovazione, il progresso, la stessa piena autorealizzazione individuale necessitano di personalità che abbiano il coraggio di pensare in modo divergente e originale e che non accettino gli stereotipi e i luoghi comuni correnti.

In realtà i più grandi cambiamenti avvenuti nel corso della storia, che hanno allargato le libertà e le conquiste tecnico-scientifiche, di cui ancora oggi godiamo i frutti, li dobbiamo a uomini che hanno osato contestare ed opporsi all’opinione corrente, con coraggio ed energia.

Il conformismo non è un fenomeno nuovo, probabilmente è comune a tutte le epoche storiche. Come già rilevò nell’antichità il filosofo Aristotele, l’uomo è un animale sociale, che ha bisogno di stare in gruppo, di vivere con i suoi simili e, come indicherà nel XIX secolo anche Friedrich Nietzsche, che la gran massa degli uomini preferisce seguire il gregge. Lo stare in gruppo ha ragionevolmente assicurato, in un certo senso, dei vantaggi evolutivi, ha protetto gli esseri umani dai pericoli e ha permesso loro di sopravvivere e di riprodursi.

Pur non essendo un fenomeno nuovo, molti studiosi di scienze sociali sottolineano come, a partire dalla fine del Settecento, con l’avvento della rivoluzione industriale e della società di massa, le pressioni verso il conformismo siano aumentate. D’altronde ciò è funzionale alle nuove esigenze del potere, della produzione e del consumo. Individui massificati ed inquadrati in comportamenti prevedibili e così disciplinati, sono più facili da impiegare nelle fabbriche, da governare, da manipolare attraverso la creazione di bisogni fittizi (irreali o ingannevoli), che poi vengono soddisfatti attraverso l’acquisto indiscriminato di beni di consumo.

 

Ma chi è il conformista?

Distaccarsi dal gruppo, dalla massa, dal branco può comportare sentimenti di ansia e di insicurezza per chiunque. Per il conformista in misura maggiore rispetto agli altri. La ricerca della sicurezza appartiene a ciascuno di noi. Alcuni cambiamenti radicali mettono chiunque in apprensione, ma il conformista non si oppone tanto al cambiamento, quanto si adegua passivamente alle norme che gli assicurano stabilità e continuità.

Il conformista è colui che ama i ruoli ben definiti e si adatta al sistema sociale senza mai metterne in discussione le regole. Qualunquista, il conformista è pragmatico (concreto e realistico). Ciò che vale per lui è soltanto la sua sopravvivenza e quella dei suoi cari, la conquista di beni materiali e di uno status sociale adeguato. Difficilmente egli riesce ad interessarsi, se non per semplici scopi utilitaristici o professionali, della vita pubblica e di questioni come quelle inerenti i dubbi morali e la giustizia. La sua è una personalità in qualche modo infantile (dunque immatura). Le sue amicizie, le sue relazioni amorose, i suoi rapporti personali sono sempre orientati alla ricerca della promozione sociale o di un chiaro vantaggio materiale.

 

Perchè il conformismo è una malattia esistenziale?

Non è eccessivo sostenere che il conformismo è una malattia di tipo esistenziale. Dietro agli apparenti successi mondani, la vita del conformista nasconde il vuoto e l’inautenticità: essa è banale, superficiale e stereotipata. La mentalità del conformista è egoista e chiusa. Qualunque cambiamento nelle strutture politiche e sociali, alle cui regole il conformista si è adeguato, lo fanno precipitare nell’ansia e nello stress. Qualsiasi confronto in famiglia, qualsivoglia contestazione o messa in crisi del suo “sistema” filosofico sicuro e rafforzato nel tempo proietta il conformista nell’angoscia.

Per dirla con il sociologo David Riesman, il conformista è un individuo eterodiretto (cioè diretto dall’esterno), perché è guidato dal giudizio degli altri, è gregario ed incapace di agire e di pensare autonomamente. E’ la tirannia della maggioranza, che, facendo leva sulla coesione sociale, favorisce la cultura del conformismo, che si impone proprio grazie al fenomeno della massificazione, un fenomeno questo considerato fondamentale, sia per David Riesman che per Erich Fromm, al fine di poter sottrarre l’individuo al senso di solitudine. Sarebbe dunque la passione e la protezione del gruppo che possono contribuire al conseguimento di un obiettivo, anche se si tratta di un obiettivo “contro”. Solomon Asch ha indicato nella suggestione un processo capace di indurre le persone ad accettare in modo arbitrario opinioni e valutazioni, senza far loro tener conto dell’effettiva peculiarità di queste. Anche Moscovici per parte sua ha stimolato l’interesse su questo tema, designando nella suggestione ipnotica la metafora dei fenomeni mentali e collettivi. Un particolare tipo di influenza sociale è quello della persuasione, che agisce con messaggi relativamente complessi, in cui chi li espone si avvale di argomenti a sostegno della propria posizione. Ovviamente l’influenza non si esercita necessariamente solo con messaggi o con argomentazioni, perché possono influenzare anche immagini e comportamenti. Le leve più efficaci, che il potere ha utilizzato negli ultimi tre secoli per alimentare il conformismo e la standardizzazione degli individui, sono state: la scuola, la famiglia,la Chiesa(la religione) e la medicina. Naturalmente tutte e quattro queste “agenzie” educative hanno svolto soprattutto un fondamentale e notevole compito nel miglioramento generale delle condizioni di vita di tutti noi. Pochi possono mettere in discussione gli enormi vantaggi determinati dall’alfabetizzazione e dalla scolarizzazione di massa, dal calore emotivo e dal sostegno psicologico garantito da molte famiglie, dall’aiuto spirituale fornito dalla religione, dall’incremento della salute promosso dall’esercizio della medicina moderna. Tuttavia anche queste istituzioni non sono immuni da aspetti ideologicamente manipolatori. La scuola ha diffuso e difeso i valori dominanti della società capitalista, ha insegnato l’arrendevolezza, l’obbedienza, la malleabilità e la docilità, valori questi importanti, ma pericolosi se non sorretti da autonomia di giudizio e da uno spirito critico e dinamico. La famiglia, se modellata secondo una rigida divisione dei ruoli con la donna in posizione subalterna, è stata progressivamente staccata dalla comunità e isolata dalla vita pubblica, fattore questo di gran rischio. La religione, che pure ha perso potere sulle coscienze durante gli ultimi secoli, ha lavorato sullo sviluppo del senso di colpa, dando luogo in certi casi ad una maggiore assunzione di responsabilità, ma in altri anche al bisogno di sottomettersi con spirito di abbandono al potere di qualunque autorità. La medicina, con particolare riferimento alla Psichiatria, ha stabilito, in modo spesso ambiguo e pseudoscientifico, cosa è normale e cosa è deviante.

Inoltre dagli ultimi cento anni fino ad oggi un ruolo preponderante, nel diffondere il conformismo, è stato esercitato dalla pubblicità e dai media (quali televisione, cinema, stampa e tutta l’informazione tramite la rete), che ci trasmettono una visione spesso distorta della realtà, esaltando e divulgando i valori che vanno per la maggiore e che controllano le nostre coscienze, manipolandole surrettiziamente. Da tutto ciò non è sbagliato ricercare le cause dell’adesione conformistica nell’utilità personale, nelle pressioni sociali e della norma, nell’informazione sociale suggestionante, nell’attrazione per il gruppo. Non di meno puntualmente siamo costretti a constatare che una società individualista e priva di rigidi controlli, come quella odierna, è sottoposta al rischio di favorire forti spinte al conformismo. Infatti il conformismo oggi ha finito con l’assumere i connotati della spersonalizzazione, dell’omogeneizzazione culturale di opinioni , dell’appiattimento dei gusti e del livellamento dei consumi. In questo senso il conformismo si esprime in molteplici nuance (sfumature), che vanno dall’accettazione alla convergenza ed alla compiacenza, giungendo a caratterizzarsi in tutte quelle sue manifestazioni, riferite all’azione, al pensiero ed al comune sentire. Anzi nella nostra società avanzata si constata che il conformismo risulta essere potenziato dal fiaccato sviluppo del pensiero critico, dal prevalere di una cultura virtuale ed illusoriamente immediata delle cose, rispetto ad una cultura pragmatica (concreta), che dovrebbe essere invece abituata a misurarsi con i problemi reali dell’esistenza e che dovrebbe fare dell’osservazione e dell’esperimento i propri metodi di lavoro in ogni settore delle Scienze Umane.

Ci rendiamo sempre più conto che l’attuale società globalizzata e digitale nasconde nuove insidie e nuove forme di normalizzazione. Ad esempio, la perdita di familiarità con la penna pare che produca effetti negativi sul nostro cervello: Manfred Spitzer, psichiatra tedesco e specialista del cervello, in “Demenza digitale” sostiene che l’uso della tecnologia produca effetti negativi sull’ippocampo, portando alla perdita della memoria, alla riduzione delle capacità spazio-temporali e, alla lunga, anche ad una maggiore probabilità di sviluppare l’Alzheimer. Per lui l’uso dei media digitali danneggia il fisico e la mente, pervenendo alla constatazione che l’amicizia individuale è fatta solo di solitudine. L’uso massiccio delle tecnologie di consumo sta mandando il nostro cervello all’ammasso: il tablet non può che danneggiare lo sviluppo mentale e gli stessi dati dell’Ocse confermano che l’uso intensivo del Personal Computer ha un effetto negativo sulle prestazioni scolastiche.

Un altro elemento da non sottovalutare nel dilagante processo del conformismo oggi, è che l’internazionalizzazione dei mercati tende ad annullare le differenze, le culture locali, le diverse visioni del mondo in favore di una società mondiale dove pochi ricchi ottengano il massimo rendimento e dunque spremano, per moltiplicare i profitti, una forza lavoro sempre più sottoproletarizzata, priva di libertà e di diritti.

L’avvento della rivoluzione digitale sta creando pericolosamente nuove forme di isolamento sociale, di marginalizzazione e di conformismo. I social network, potenzialmente un grande strumento di socializzazione, tendono sempre di più ad accentuare alcuni elementi a rischio della nostra società, come l’ostentazione del consumismo e la rappresentazione artefatta, glamour, spettacolarizzata della propria personalità.

Alle autorevoli e dominanti spinte verso il conformismo, l’uomo contemporaneo può opporre valori, come la curiosità, il cambiamento, l’esploratività, la creatività, la ricerca di nuovi stimoli, la comprensione, la tolleranza, l’accettazione del dissenso e il pluralismo.

L’individuo “non conformista” si presenta principalmente come colui che dubita di tutto, non per indifferenza, ma per amore della verità, sospettando delle norme e dei modelli vigenti, del giudizio del mercato e delle affermazioni del potere. Anzi, la persona libera e mentalmente “sana”, come ci ha fatto presente lo psicologo Erich Fromm, è capace di dire no alle richieste irrazionali del potere, è capace di disobbedire all’assurdità di certe imposizioni. Essa è consapevole di se stessa e della realtà circostante.

Sospettoso e dubbioso sulle ideologie che vanno per la maggiore, l’uomo libero si emancipa dai vincoli del sangue e della terra, dalla madre e dal padre, dallo Stato, dalla classe di appartenenza, dalla razza, dal partito e dalla religione. Egli è pronto a giudicare, come raccomandava la saggezza degli antichi, che niente di ciò che è umano gli è estraneo.

La storia del Novecento ha conosciuto dittature sanguinarie, come il fascismo, il nazismo e il comunismo, il cui avvento è stato favorito proprio dal conformismo delle masse. Combattere il conformismo e promuovere l’autonomia e l’indipendenza di giudizio è necessario, perché permette di evitare nuove tragedie mondiali. La Sociologia, che ha il compito di descrivere e spiegare i fenomeni sociali, ci aiuta in questa direzione, consentendoci di individuare i meccanismi che favoriscono nella società comportamenti passivi, facilmente influenzabili, inerti e dunque pericolosi per poter dare concreta soluzione ai problemi reali delle società odierne. E’ all’interno di questo quadro di riferimento che noi collochiamo lo studio della Sociologia ed il contributo che essa offre all’ambito delle Scienze Umane. 

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