

Il diritto fonda il potere o il diritto legalizza il potere?
Essendo giunto ad un’età per cui mi trovo ad essere pensionato e, guardandomi intorno inevitabilmente sono indotto a percepire la grave crisi del paese, per cui spontaneamente mi è sorta la domanda, come posso non essere un ingombro, nonostante l’età non più giovanissima, bensì possa essere una possibile risorsa per le nuove generazioni? A questo proposito, sulla base del mio retroterra culturale e professionale, mi sono arrischiato a scrivere alcune riflessioni (lettere virtuali rivolte ai miei ex allievi come a virtuali probabili studenti), con la speranza di favorire un confronto volto a maturare una maggiore consapevolezza democratica. Per questo, giunti alla fine della campagna elettorale, avverto la necessità di formulare a voce alta una domanda: il diritto crea il potere o il diritto legittima il potere? Prendendo spunto dal titolo del saggio di Vincenzo Russo “Due tocchi di gel sui miei capelli bianchi”, ritengo importante avviare una qualche riflessione su questo tema spinoso. Norberto Bobbio, a suo tempo, ha stigmatizzato come potere e diritto siano le facce della stessa medaglia, per cui il rapporto tra diritto e potere può essere analizzato in due prospettive corrispettive: dal punto di vista della norma e/o dal punto di vista del potere. In primo luogo è necessario precisare come la riflessione sul potere dia luogo a considerazioni su concetti come “forza”, “violenza”, “soggezione” e “autorità”. Il denominatore comune tra questi concetti è, comunque, la persona umana riconosciuta o meno nel suo valore fondante, cioè la dignità.
Che cosa si intende per dignità?
In primo luogo bisogna chiarire che il tema della dignità è stato oggetto di due diverse interpretazioni che si fondano su due distinte teorie: la teoria della dotazione, cioè la dignità umana è determinata da ciò che l’uomo è per natura, e la teoria della prestazione, per cui la dignità è il risultato dell’agire umano. Nella prospettiva della teologia cristiana l’essere umano è soggetto di dignità in quanto creato a somiglianza dell’immagine di Dio e, quindi, oggetto comunque di rispetto. Di fatto questa posizione, nella realtà concreta, è contraddetta, in quanto anche in età contemporanea la dignità umana è continuamente violata, nonostante che, a partire dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, approvata dall’Assemblea delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948, come la stessa Costituzione italiana ed altre carte costituzionali, non ultima la stessa Costituzione spagnola post franchista, in cui si prevede, in alcuni suoi articoli, il rispetto della dignità umana ed, come del resto in altri paesi della stessa Unione Europea, i costituenti hanno fornito ampie garanzie in ordine a quei diritti che nel medesimo ordinamento comunitario si collocano nell’orbita della dignità. Sulla base di questi presupposti, oggi si potrebbe affermare che il concetto di dignità debba intendersi come ben radicato nel tessuto dell’ordinamento giuridico internazionale. Purtroppo la concretezza del presente dimostra che non è così. Tuttavia ritengo che non si debba rinunciare al sogno che ha animato visionari come Altiero Spinelli che sognarono una Europa unita per porre fine, una volta per sempre, a tutti quei conflitti che nel corso dei secoli hanno funestato la storia del continente europeo. L’esempio di Nelson Mandela, nondimeno, testimonia che non dobbiamo perdere la fiducia che il sogno di alcuni antifascisti, condannati al confino sull’isola di Ventotene, può, anzi deve essere realizzato.
Prof. Alfio Profeti