24 giugno 2015 - APPUNTI, Filosofiamo    No Comments

La funzione del criticismo di Kant

La funzione del criticismo di Kant.

Quando ci si affida ad un qualsiasi manuale di filosofia per ottenere una indicazione di massima e per poter comprendere l’epoca dell’illuminismo, è inevitabile imbattersi nella definizione che Kant fornisce nel suo breve saggio del 1784 intitolato “Risposta alla domanda: che cos’è l’illuminismo?”, ove Kant scrive:

«L’illuminismo è l’uscita dell’uomo da una condizione di minorità di cui egli stesso è responsabile. Minorità è l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida d’altri”.

Ovviamente la filosofia kantiana non è stata l’unica ad occuparsi della domanda «Che cos’è l’illuminismo», ma ciò che qui è rilevante sottolineare è l’importanza della figura di Immanuel Kant relativamente all’intero movimento filosofico illuminista. Naturalmente l’illuminismo non è una dottrina specifica e nemmeno un puro e semplice episodio della storia del pensiero che inizia e si conclude nel Settecento, ma è da comprenderlo come un vero e proprio stile di vita filosofico, alimentato da un desiderio conoscitivo davvero imponente e da un entusiasmo intellettuale senza precedenti. E’ per tale motivo che la vitalità della filosofia dell’illuminismo sfugge a qualsiasi categorizzazione storiografica e rimane così qualcosa di diverso dalla semplice raccolta delle teorie dei suoi maggiori esponenti. Infatti l’illuminismo trasmette a noi contemporanei un particolare e significativo êthos filosofico, ossia una prassi filosofica, che si fonda sull’habitus critico. La critica, intesa come esame attento e libero da preconcetti da parte della ragione umana, è dunque il principio dinamico non solo dell’illuminismo, ma dell’uomo in quanto tale, cioè in quanto dotato di discernimento e dunque di capacità critica. Ogni studioso e ogni uomo dedito al sapere ha il dovere di manifestare e soprattutto di inculcare nelle generazioni future la capacità autonoma di giudizio critico, attraverso la produzione di testimonianze scritte. Per i filosofi illuministi era necessario educare lo spirito umano per risvegliare quell’attitudine sopita e narcotizzata sia da fattori interni alla natura umana che da fattori esterni ad essa. Proprio come Eraclito vedeva nella filosofia il modo di destare gli uomini dal loro sonno intellettuale così l’illuminismo si è posto come obiettivo fondamentale, o più kantianamente come finalità etica ed educativa, il risveglio di quella facoltà, che identifica e nobilita l’uomo, ossia la ragione. Se illuminismo e critica sono inscindibilmente legati, però l’errore in cui è facile incorrere è quello di interpretare univocamente l’atteggiamento critico illuminista come un’attualizzazione piatta e banale dello scetticismo moderno. L’illuminismo invece intende promuovere un uso “critico” della facoltà del conoscere, lontana dalla passività del soggetto conoscente, in quanto mira  alla positiva presa di coscienza della forza autonoma della ragione. Tutta la filosofia kantiana, come traspare anche dall’analisi delle sue tre grandi “Critiche”, rappresenta un vero e proprio manifesto dell’autonomia della ragione, che intende promuovere il progresso del sapere ed, allo stesso tempo, si preoccupa di preservarlo da travalicamenti proibiti. Va in ogni caso chiarito che, se nell’illuminismo francese e nell’illuminismo inglese, l’assunzione dell’uso critico della facoltà del conoscere aveva un valore quasi esclusivamente polemico, diversamente la filosofia kantiana rivolge l’arma speculativa della critica contro la ragione stessa, volendone indagare in questo modo non solo i limiti, ma anche le possibilità conoscitive. Quindi l’illuminismo è un accorato appello alla critica e soprattutto un invito all’autonomia di giudizio, che deve rappresentare per l’uomo un vero e proprio stile di vita contro superstizioni e pregiudizi troppo diffusi. Anzi, nella filosofia kantiana questo severo avviso diventa il punto archimedeo di un maturo e metodico programma filosofico. La critica per il pensiero kantiano, nonostante la sua peculiare negatività, rappresenta dunque un concetto di metodo, funzionale all’esplorazione delle capacità originarie della ragione ed alla delimitazione delle sue competenze specifiche. In tal modo essa dà luogo ad un socratico processo di autointerrogazione, a cui non è possibile sottrarsi. Se dunque la critica è lo strumento della condotta conoscitiva dell’uomo, possiamo cogliere però nell’autonomia razionale di ciascun individuo, auspicata da Kant per tutti gli uomini, la fondamentale finalità della critica stessa. Infatti, non a caso, analizzando le tre Critiche kantiane, la speculazione è sempre finalizzata al riconoscimento dell’autonomia della ragione e quindi della libera capacità di giudizio di ciascun essere umano. Sulla base degli elementi fin qui considerati, si può dire che è fondato ritenere l’intera filosofia kantiana come una codificazione sistematica ed, al tempo stesso, come uno sviluppo metodologico delle esigenze dell’illuminismo: infatti anch’essa lotta contro la superstizione e il fanatismo e soprattutto contro la tracotanza insita in ogni desiderio conoscitivo, ossia contro la volontà di oltrepassare imprudentemente i limiti delle capacità conoscitive umane. In tal modo mostra positivamente come la dignità, che è attribuita all’uomo, derivi dall’uso attento e non assolutizzante della ragione.

In conclusione si può dire che Kant fa propria la battaglia dell’illuminismo contro ogni forma di fanatismo (religioso, morale, metafisico), depurandola però da ogni componente aggressiva e polemica, ma assumendola così come movente ideologico per la costruzione di un edificio speculativo dinamico (cioè il sistema della ragion pura), che struttura in maniera organica le idee del Settecento filosofico, ma che non intende esaurirne la problematicità, anzi si propone di alimentarla e soprattutto di consegnarla ai posteri. La filosofia critica kantiana dunque, nell’esplorare le potenzialità della ragione, non vuole assolvere esclusivamente ad una finalità speculativa di valore descrittivo, ma intende principalmente precorrere qualsiasi tentativo di oltrepassare i limiti strutturali delle capacità razionali dell’uomo. Con questo Kant non vuole precludere all’uomo la fruizione della sfera del soprasensibile, ma, diversamente dagli illuministi francesi, intende testimoniare quanto la ragione costituisca il principio operativo imprescindibile (universale) per l’uomo, a dispetto del campo in cui la si utilizza e che essa rappresenti soprattutto in ambito religioso la bussola, senza cui l’uomo sarebbe preda della superstizione, del fanatismo e dell’ignoranza. La filosofia kantiana si distingue in tal modo dai filosofi illuministi e si pone sulla scia dell’ Aufklärung (del rischiaramento). Di fatto l’illuminismo tedesco, a differenza della vena polemica dell’illuminismo francese, si caratterizza per la sistematicità e la rigorosità con cui affronta ogni tipo di problema, soprattutto quello relativo al rapporto fra l’uomo e la religione, che Kant fa proprio. Ma con questo tipo di valutazione non si intende affatto declassare l’illuminismo francese a semplice filosofia scettica o puramente polemica. Infatti è decisivo il contributo di quest’ultimo per lo sviluppo delle scienze naturali e matematiche, ma soprattutto è merito degli illuministi francesi e dell’incisività dei loro scritti se la massima che prescrive agli uomini l’utilizzo critico della ragione si diffonde così rapidamente in tutta Europa e specialmente nelle terre di lingua tedesca, riuscendo infine a giungere a noi ancora in maniera altisonante con risultati davvero notevoli per tutta la filosofia occidentale. La filosofia kantiana cerca, invece, di realizzare pienamente e secondo le proprie prerogative l’ideale illuministico della ragione critica. Non a caso anche Kant identifica la ragione con la stessa libertà critica:

«La ragione, in tutte le sue imprese, si deve sottomettere alla critica, e non può mettere nessun divieto alla libertà di questa, senza nuocere a se medesima e attirare su di sé un sospetto pregiudizievole. […] Su questa libertà, anzi, riposa, l’esistenza della ragione, che non ha autorità dittatoria, ma la cui sentenza è sempre non altro che l’accordo di liberi cittadini, ciascuno dei quali deve poter formulare i suoi dubbi, e per fino il suo veto, senza impedimenti».

E’ certo che l’uso della ragione, sia per Kant, sia per l’illuminismo, è indissolubilmente legato alla libertà di critica che attesta la capacità di giungere autonomamente a qualsiasi tipo di giudizio, in qualsiasi campo del sapere. Ma tale uso, essendo proiettato in una dimensione pubblica, ossia il mondo, deve essere disciplinato a partire da una radicale esigenza autocritica, a cui la filosofia kantiana si sottopone senza riserve. Diversamente numerosi pensatori, a detta dello stesso Kant, hanno commesso un fatale errore, non interrogandosi sulle competenze specifiche e sui limiti strutturali della ragione, prima di procedere alla speculazione filosofica. In effetti, leggendo tra le righe delle tre Critiche, scopriamo che quello che Kant teme maggiormente sono le nefaste conseguenze pratiche del fanatismo, cioè di quelle varie superstizioni, causate da un uso inconsapevole e addirittura scriteriato e sregolato della ragione, al di là dei suoi limiti intrinseci. Ciò prova, come l’apparente meditazione sovrastorica sulla ragione messa in atto dalla filosofia kantiana, sia invece mossa da uno spirito di responsabilità storica davvero saldo. L’intero progetto kantiano, che riassume e rielabora l’esigenza critica dell’illuminismo, contempla dunque due aspetti tra loro inscindibilmente legati, ossia l’aspetto ideologico e l’aspetto metodologico. La filosofia kantiana, come mostra la “Risposta alla domanda: Che cos’è l’illuminismo?”, lancia un accorato ed entusiasta appello a servirsi del proprio intelletto attraverso il motto oraziano del Sapere aude (abbi il coraggio). Difatti, seguendo la progressione argomentativa degli scritti kantiani ed in modo particolare delle tre Critiche, è possibile constatare come l’impetus illuminista che informa la filosofia kantiana a partire dal 1784 sia gradualmente disciplinato e posto al servizio di una speculazione lucida e puntuale che cerca di rischiarare non solo le capacità specifiche della ragione, ma altresì la mente di qualsiasi lettore. Se dunque la critica è il principio operativo dell’uomo razionale, la condizione di possibilità della prima è senza dubbio la libertà. Possiamo quindi affermare che nella filosofia kantiana l’aspetto ideologico, che consiste nell’autonomia e di conseguenza nella libertà di ogni essere dotato di ragione, nonchè l’aspetto metodologico che interessa la critica come strumento per vagliare la fondatezza dei saperi siano in essa legati e armonizzati straordinariamente.

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