L’importanza e la funzione dell’esperienza nelle scuole attive europee nella prima metà del 900 a cura di Lavinia Passetti

Nella prima metà del 900 la riflessione pedagogica fu segnata da un grande mutamento metodologico: la nascita delle scuole attive, istituzioni sperimentali indirizzate a rispondere ai mutamenti sociali sorti in quel periodo in diverse nazioni europee. Nella scuola tradizionale prevaleva l’eteroeducazione (gli alunni dovevano ripetere solo quello che le maestre dicevano), la scuola era passiva, dominava la figura dell’insegnante. Gli orari, i programmi, i libri di testo erano rigidamente stabiliti, fissati una volta per tutte e mai gli alunni erano coinvolti in prima persona.

La scuola nuova, che si affermò agli inizi del ‘900, intendeva invece essere innanzitutto una scuola attiva, una scuola puerocentrica, dove si doveva guardare al fanciullo che educa se stesso, mentre l’adulto gli doveva “porgere” l’aiuto necessario per quella che doveva diventare una vera e propria autoeducazione. L’insegnante non era assente, ma assumeva un ruolo centrale, dovendo convogliare gli interessi, esaltare le doti individuali, promuovere attività diversificate, cooperare con le autonome iniziative di ricerca degli allievi. La scuola nuova animava i molteplici interessi e sosteneva i bisogni di ogni ’alunno, incoraggiandone la spontanea formazione sia intellettuale sia morale e liberando i fanciulli dai tradizionali ed opprimenti vincoli  che avevano contrassegnato l’istituzione scolastica del passato. La scuola con il novecento comincia radicalmente a cambiare volto, dando inizio ad attività all’aria aperta (con entusiasmo per tutto ciò che era da scoprire, con impulso verso ogni tipo di ricerca e stimolante ogni forma di apprendimento spontaneo), e sostenendo attività ludiche in un ambiente a misura di bambino.

Il movimento delle “scuole nuove” comprende molte figure di gran rilievo, sebbene differenti per formazione e per matrice culturale, che hanno cercato di realizzare nelle loro attività professionali di educatori lo spirito dell’Attivismo, visto come rivoluzione da rendere operativa nell’istituzione scolastica.

Questa “rivoluzione pedagogica” si diffonde in tutta Europa e diversi sono i pedagogisti che portano avanti questi nuovi principi. La prima germinazione di questo straordinario cambiamento avviene, non casualmente, in Inghilterra, il paese all’avanguardia nello sviluppo economico e sociale, dove John Locke aveva avvertito l’esigenza di modificare i programmi scolastici in funzione di una cultura adatta alla formazione delle classi dirigenti. Su questa scia,la New School, a cui dà vita Cecil Reddie nel 1889, era un’istituzione educativa privata, attenta all’educazione linguistica e scientifica e, in particolare, alla formazione “mondana”. In Francia, il modello inglese ha un convinto sostenitore in Edmond Demolins, che vi si ispira nella creazione dell’École Des Roches (1898). Anche in Francia questa scuola è destinata ai figli dell’alta borghesia

In Italia, l’esperienza della New School inglese e delle novità pedagogiche europee è presente nella Rinnovata (1911), scuola aperta da Giuseppina Pizzigoni nel quartiere popolare della Ghisolfa di Milano. Questa, al contrario dell’esperienza francese e inglese, manifesta una vocazione popolare, e per di più si afferma all’interno della scuola pubblica, con tratti distintivi rispetto al movimento europeo. Rilevante nella Rinnovata la dilatazione dello spazio scolastico che si prolunga nell’ambiente esterno.

Una delle maggiori figure di notevole riferimento strategico dell’attivismo pedagogico europeo è quella di Adolphe Ferriere. La concezione del Ferrière muove dal riconoscimento dello “slancio vitale” e creativo di cui è portatore il fanciullo, la forza che muove l’evoluzione di tutti gli esseri viventi verso un fine spirituale e che si esprime nell’attività creatrice. Ferriere nel 1899 fonda a Ginevra l’Ufficio internazionale delle scuole nuove e nel 1912, sempre a Ginevra, dà vita all’Istituto superiore J.J. Rousseau per le scienze dell’educazione. Nel 1925 istituisce il Centro internazionale  dell’educazione nuova.

La rete di innovazioni pedagogiche, sorta tra Ottocento e Novecento in tutta Europa, ha una comune visione del “far scuola”,  anche se di queste iniziative oggi viene proposta una fondata reinterpretazione pedagogica in ragione delle condizioni storiche, economiche, sociali e culturali, che hanno contrassegnato le vicende dei diversi Paesi. A tale proposito posso sottolineare che in Italia l’attivismo ha operato in maniera diversa rispetto agli altri Paesi, probabilmente in relazione alla sua arretratezza sociale ed alla sua depressione materiale. L’Italia infatti  era prevalentemente agricola, era culturalmente isolata dalle grandi correnti europee e fortemente segnata dalla tradizione cattolica.

In Italia non si assiste alla formazione di scuole private per la formazione delle élite, bensì a iniziative, anche a carattere pubblico, orientate all’educazione popolare. Inoltre, mentre in Europa le scuole nuove si concentrano soprattutto sugli studi secondari, in Italia si rivolgono all’istruzione primaria e a quella infantile. Le sorelle Agazzi e Maria Montessori sono le educatrici che hanno rinnovato il sistema di insegnamento in particolare nelle scuole dell’infanzia, emancipando la formazione prescolastica dal permanente carattere puramente assistenziale e di semplice custodia dei bambini mediante la proposta di adeguati “metodi didattici” funzionali all’apprendimento dei più piccoli.

Il movimento delle scuole nuove si proponeva e si propone ancora oggi di formare persone interiormente libere e attive all’interno del loro ambiente di vita. I limiti che ha avuto sono stati sia dottrinali che pratici, perché le diverse scuole affermatesi in Europa non hanno postulato un’effettiva condivisione sistematica per l’educazione dei soggetti più deboli, poveri, svantaggiati o deprivati (vale a dire per il cosiddetto popolo), anche se a questo problema avevano avanzato soluzioni pedagogico-didattiche settoriali, contrastanti tra loro per la tipologia dei metodi, sia le sorelle Agazzi che Maria Montessori. In particolare è a quest’ultima che si deve la rivoluzionaria proposta delle “case dei bambini”, che trasformano gli asili in veri e propri luoghi di apprendimento, dove i piccoli possono finalmente muoversi ed agire liberamente in autonomia e con responsabilità. Nonostante queste sporadiche spinte all’innovazione metodologico-didattica, ancora oggi la scuola attiva, il cui animo è vitale e pervasivo in molti operatori scolastici, ricerca con fatica, ma con determinazione, nuove strategie e tecniche funzionali al protagonismo dinamico e creativo dei bambini, accompagnandole a nuove modalità di organizzazione dell’istituzione scolastica e cercando in tal modo di coniugare tra loro lavoro pedagogico e pratica educativa.

 

SCARICA L’ARTICOLO COMPLETO IN VERSIONE PDF

 

 

Hai qualcosa a dire? Accedi e lascia il tuo commento!

Devi essere loggato per inviare un commento.