

L’inizio della mia vita italiana a cura di Valerij Falcitelli.
Era una luminosa mattina di primavera quando ormai la neve non cadeva più e il ghiaccio per terra era sciolto. Anche le stalattiti di ghiaccio erano cadute dai tetti o abbattute dagli uomini dei palazzi. Si rivedevano le foglie verdi e per terra ricompariva l’erba, il lungo inverno era finito finalmente. Tutti andavano all’esterno più volentieri dopo sei mesi di freddo e di buio. Quei bambini guardavano dalla finestra e speravano di poter uscire per poter giocare.
All’interno della casa, d’inverno si sentiva freddo e loro avevano solo una coperta per coprirsi durante la notte. Avevano pochi giochi dentro quella casa, fuori c’era un’altalena e uno scivolo arrugginito che bisognava condividere con altri circa cinquanta bambini che uscivano a turno. Stare fuori era bello, ma durava sempre poco tempo quando c’era il ghiaccio. Ma quella mattina era primavera, sarebbero potuti uscire per esplorare il terreno, mangiare l’erba, qualcuno avrebbe mangiato la terra, altri avrebbero assaggiato anche qualche piccolo animalino. Però sarebbe stato necessario stare attenti a non aggirarsi nella zona di un grande gatto nero, che era aggressivo e graffiava. Tutti i bambini avevano paura di lui. Quando si sentiva un grido, voleva dire che il gatto era uscito allo scoperto e un bambino si era spaventato. I bambini che abitavano in quella casa erano di tutte le età, ma soprattutto piccoli. Mangiavano spesso pesce congelato e cose fredde, perché non avevano come riscaldare il cibo. Non conoscevano il formaggio perché costava molto. Dovevano vestirsi da soli e molti avevano l’abitudine di mettersi due dita in bocca, come un ciuccio, per addormentarsi. Ogni tanto, anche d’inverno, vedevano arrivare delle persone straniere, che venivano a trovare qualche bambino. Poi succedeva una cosa strana, perché dopo poco tempo quel bambino spariva, lasciando però tante caramelle per tutti gli altri.
Anche quella luminosa mattina di primavera, arrivarono alcune persone ed un bambino fu portato nella stanza della direttrice.
Questa direttrice era cattiva, praticamente cattivissima, aveva i capelli biondo falso, le unghie finte colorate male. Aveva gli occhi piccoli e la bocca con il rossetto forte. Era sempre brutta. Il bambino entrò molto spaventato, era convinto che sarebbe stata la sua fine. Sarebbe sparito come tutti gli altri. Quando si aprì la porta, vide la direttrice, sempre cattiva, una ragazza con gli occhi buoni, un uomo ed una donna sconosciuti. Però non lo mangiarono, ma gli regalarono un piccolo pupazzo. Poi tornarono i giorni dopo, portarono altri giocattoli e la cosa strana fu che lui fu lasciato nel giardino con loro.
Quel bambino pensava che erano venuti per rapirlo, ma non sembravano precisamente cattivi. Lui li osservava e si chiedeva che cosa era questa cosa strana, che cosa era successo quella mattina di primavera? Questa cosa continuò e qualche giorno dopo, quando arrivarono, lui vide che gli avevano portato un vestito nuovo, scarpe nuove, un giocattolo ed una grande busta piena di caramelle da distribuire ai suoi amici. Dopo uscirono con lui.
Erano strani quei rapitori, perché avevano cose da mangiare per lui, dicevano parole sconosciute, gli sorridevano e lo abbracciavano. Salirono insieme su un aereo e volarono via. Arrivarono in un posto pieno di sole, di luce, in una casa con tante cose da mangiare e con tanti giocattoli. Lì lo abbracciarono più forte e quel bambino sentì un profumo di buono, cominciò a stare bene e decise da quel momento di restare con questi rapitori.
Dopo era contento di questa decisione, io lo so, perché quel bambino ero io!
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