5 ottobre 2022 - Filosofiamo    No Comments

Il diritto fonda il potere o il diritto legalizza il potere?

Essendo giunto ad un’età per cui mi trovo ad essere pensionato e, guardandomi intorno inevitabilmente sono indotto a percepire la grave crisi del paese, per cui spontaneamente mi è sorta la domanda, come posso non essere un ingombro, nonostante l’età non più giovanissima, bensì possa essere una possibile risorsa per le nuove generazioni? A questo proposito, sulla base del mio retroterra culturale e professionale, mi sono arrischiato a scrivere alcune riflessioni (lettere virtuali rivolte ai miei ex allievi come a virtuali probabili studenti), con la speranza di favorire un confronto volto a maturare una maggiore consapevolezza democratica. Per questo, giunti alla fine della campagna elettorale, avverto la necessità di formulare a voce alta una domanda: il diritto crea il potere o il diritto legittima il potere? Prendendo spunto dal titolo del saggio di Vincenzo Russo “Due tocchi di gel sui miei capelli bianchi”, ritengo importante avviare una qualche riflessione su questo tema spinoso. Norberto Bobbio, a suo tempo, ha stigmatizzato come potere e diritto siano le facce della stessa medaglia, per cui il rapporto tra diritto e potere può essere analizzato in due prospettive corrispettive: dal punto di vista della norma e/o dal punto di vista del potere. In primo luogo è necessario precisare come la riflessione sul potere dia luogo a considerazioni su concetti come “forza”, “violenza”, “soggezione” e “autorità”. Il denominatore comune tra questi concetti è, comunque, la persona umana riconosciuta o meno nel suo valore fondante, cioè la dignità.

Che cosa si intende per dignità?

In primo luogo bisogna chiarire che il tema della dignità è stato oggetto di due diverse interpretazioni che si fondano su due distinte teorie: la teoria della dotazione, cioè la dignità umana è determinata da ciò che l’uomo è per natura, e la teoria della prestazione, per cui la dignità è il risultato dell’agire umano. Nella prospettiva della teologia cristiana l’essere umano è soggetto di dignità in quanto creato a somiglianza dell’immagine di Dio e, quindi, oggetto comunque di rispetto. Di fatto questa posizione, nella realtà concreta, è contraddetta, in quanto anche in età contemporanea la dignità umana è continuamente violata, nonostante  che, a partire  dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, approvata dall’Assemblea delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948, come la stessa Costituzione italiana ed altre carte costituzionali, non ultima  la stessa Costituzione spagnola post franchista, in cui si prevede, in alcuni suoi articoli, il rispetto della dignità umana ed, come del resto in altri paesi della stessa Unione Europea, i costituenti hanno fornito ampie garanzie in ordine a quei diritti che nel medesimo ordinamento comunitario si collocano nell’orbita della dignità. Sulla base di questi presupposti, oggi si potrebbe affermare che il concetto di dignità debba intendersi come ben radicato nel tessuto dell’ordinamento giuridico internazionale. Purtroppo la concretezza del presente dimostra che non è così. Tuttavia ritengo che non si debba rinunciare al sogno che ha animato visionari come Altiero Spinelli che sognarono una Europa unita per porre fine, una volta per sempre, a tutti quei conflitti che nel corso dei secoli hanno funestato la storia del continente europeo. L’esempio di Nelson Mandela, nondimeno, testimonia che non dobbiamo perdere la fiducia che il sogno di alcuni antifascisti, condannati al confino sull’isola di Ventotene, può, anzi deve essere realizzato.

 

Prof. Alfio Profeti

5 ottobre 2022 - Filosofiamo    No Comments

L’attualità di Francesco Bacone

Il 19 Settembre 2022, in Inghilterra, sono stati celebrati i funerali della Regina Elisabetta II Windsor.

In tale occasione è stato sottolineato come Elisabetta II abbia regnato, garantendo l’unità del regno, la vita dignitosa e decorosa dei propri sudditi, con il dovuto riguardo per le Istituzioni democratiche del paese.

Tutto questo mi ha indotto a capire quali siano stati i presupposti storici, politici e culturali che hanno favorito il regno della Regina Elisabetta II.

Dunque, volgendo il mio sguardo verso il passato, spontaneamente sono stato attratto dalla figura di Francesco Bacone.

Perché Bacone? Quali suggerimenti può proporre ancora oggi questo intellettuale?

In una famosa lettera del 1592 Bacone affermava di nutrire grandi ambizioni filosofiche e più moderate intenzioni politiche, avendo eletto a propria provincia “ il dominio della conoscenza nella sua totalità.”

Infatti Bacone era convinto che la conoscenza, in tutte le sue varie possibili forme, ma soprattutto la conoscenza della natura, in quanto percezione dell’autentica realtà delle cose, costituisse il fondamento da cui l’umanità doveva partire per raggiungere una condizione generalizzata di benessere. materiale e spirituale.

Bisogna precisare che Bacone non è stato uno scienziato, ma un raffinato studioso della cultura rinascimentale. Inoltre, come gli studiosi della prima metà del seicento, Bacone era fermamente convinto che i due secoli precedenti al diciassettesimo secolo siano stati la causa della disgregazione dell’ordine costituito.

A tale proposito Bacone viene ad impegnarsi sostanzialmente su due livelli: il primo livello di carattere politico non disgiunto da un secondo livello, che possiamo identificare nell’interesse verso la stretta relazione tra scienza e tecnica. In altre parole, nella cultura rinascimentale, era dominante un parallelismo tra mondo naturale e società, tra il sistema astronomico ed il sistema istituzionale.

Il mondo era concepito come una sfera, in cui appese alla circonferenza erano collocate le stelle fisse, scendendo, la terra era collocata al centro dell’universo e tra la terra ed il cerchio delle stelle fisse erano poste altre circonferenze occupate dai pianeti e dal sole. Questo era un mondo concepito perfettamente sferico, ordinato e stabile e al di sopra delle stelle fisse venivano collocati nella loro funzione rassicurante ed incoraggiante Dio e gli angeli. Altresì, mentalmente parlando, sul piano politico era condivisa una raffigurazione speculare della società, in cui al centro si poneva l’uomo e, tra il centro e la periferia di questo mondo sferico erano delineati dei tratti circolari concentrici, all’interno dei quali erano collocati valori come le virtù: la bontà, il rispetto delle leggi. Questa, in altre parole, non era altro che la rappresentazione della società degli uomini perfettamente stabile, in cui erano posti, al di sopra della circonferenza periferica la Regina Elisabetta I, capo della Chiesa anglicana, e la Camera dei Lord. Per lo studioso della prima metà del seicento questi due mondi paralleli si stavano disfacendo, cioè la società si stava sgretolando come conseguenza della rivoluzione scientifica in atto, per cui si rendeva necessaria una reazione di fronte a questo cambiamento epocale.

A questo proposito Bacone, in quanto politico e raffinato intellettuale, era convinto che il mondo della scienza e della techne, cioè il progresso conoscitivo e tecnologico, costituisse quella opportunità che avrebbe consentito di affermare nella collettività una vita decorosa e dignitosa per tutti, ma, per realizzare questo obbiettivo, si doveva essere in grado di saper utilizzare questi strumenti, cioè la conoscenza e la techne. Per cui era inevitabile abbandonare la concezione mitica e metafisica del passato caratterizzata dagli idola, cioè dai pregiudizi, che, ieri come oggi, cristallizzano, ostacolano il sistema sociale, determinando l’arretratezza e l’impoverimento della società stessa.

Bacone, che conosceva molto bene il pensiero di Machiavelli, avendo avuto la possibilità di leggere le opere del fiorentino, condivideva l’opinione del Machiavelli stesso relativa al fatto che “i cittadini intelligenti hanno a cuore il bene pubblico e fanno sentire la propria voce”. Per questo i politici si devono giudicare sulla base dei fatti concreti e non sulle semplici promesse elettorali. Le corti sono piene di adulatori, nella misura in cui gli uomini si compiacciono tanto nelle cose lor proprie, e in tal modo vi s’ingannano, per cui con difficultà si difendono da questa peste.

In effetti il rapporto che Bacone intratteneva con la cultura aristotelico-scolastica, cioè con il passato, era del tutto particolare e ci aiuta ancor meglio a comprendere sia la sua missione di profeta della scienza moderna, sia i momenti attraverso cui egli ha elaborato tale visione del sapere e della ricerca scientifica.

A tutto ciò bisogna aggiungere il fatto che la ricerca del mezzo comunicativo ideale, soprattutto dei modi di trasmissione del sapere, della giusta retorica, sono tematiche che non appartenevano solo a Bacone ma che permeano tutta la cultura moderna in generale, quella inglese in particolare.

Bacone, da politico consumato e da fine osservatore delle dinamiche politiche, per evitare di incappare nella scure della censura, seguì scrupolosamente i consigli indicatigli da Bodley, evitando la via della polemica più aspra. Infatti per un periodo di circa due anni fino al 1609 si dedicò proprio alla ricerca di uno strumento comunicativo che, oltre a penetrare l’immaginario collettivo degli ambienti più dotti e non, fungesse da mezzo “velato” attraverso cui le sue nuove idee potessero essere accettate senza creare forti scosse di assestamento.

Bacone, attraverso la descrizione della Casa di Salomone, viene a esporre  il suo ideale di comunità e di ricerca scientifica, ma essendo quest’opera incompleta, lascia aperto il dubbio rispetto alla sua importanza come opera politica dal momento che Bacone stesso riteneva di aver delineato per questa favola un ordinamento di Leggi e dello Stato migliore, o della “migliore forma di Repubblica”

Bacone, ben cosciente della funzione chiarificatrice della fiaba come percorso narrativo antico, la reintroduce attraverso soprattutto il racconto della Nuova Atlantide.

Infatti è proprio con la Nuova Atlantide che è possibile cogliere la capacità di Bacone nell’utilizzare il mezzo comunicativo della favola in cui si pone in essere il collegamento con il genere letterario più in voga del momento ossia l’utopia.

Gli studiosi, guardando all’utopia come ad una rappresentazione della sola migliore forma di governo, e dunque riferendosi soprattutto all’aspetto squisitamente politico, sono stati prudenti nel considerare la Nuova Atlantide come opera utopica o più precisamente come utopia. Per questo il progetto politico di Bacone fu ridotto, in seguito al fatto che la nuova Atlantide rimase incompiuta, ad una mera intenzione da parte di Bacone stesso, cioè nel porre in essere, tra utopia, progresso e modernità, uno stretto legame, destinato a produrre effetti a lungo termine e a cambiare, quindi ad affermare il diritto ad una vita dignitosa e decorosa la sorte di milioni di persone.

In questo senso Bacone ha contribuito a formare nella classe dirigente del tempo una disposizione mentale che ha trovato la sua piena affermazione negli anni del regno di Elisabetta II Windsor.

 

Prof. Alfio Profeti

5 ottobre 2022 - Filosofiamo    No Comments

La creatività. Una opportunità per la scuola del domani

In un articolo pubblicato su “La Stampa” il 14/09/2022, Edgar Morin, dopo aver delineato i tratti di una crisi radicale del pensiero che imperversa in tutto il mondo, afferma:

“Tutto ciò che si gioca nell’ambito dell’economia, della politica, dell’azione, della società si gioca fondamentalmente e preliminarmente nella mente umana.”

Per questo necessariamente si deve porre in essere una riforma educativa, “una rivoluzione paradigmatica”, volta a realizzare una politica dell’umanità che abbia come scopo quello di perseguire e sviluppare il processo di umanizzazione,

inteso come miglioramento delle relazioni fra gli esseri umani, fra le società umane e fra gli uomini e il loro pianeta.

Come la Prof.ssa Daniela Floriduz ha evidenziato, nella sua nota di presentazione: “tutto questo si tratteggia come un insieme di ricette spendibili non come uso e getta ma come fari per le coscienze capaci ancora di pensiero e di etica.”

A questo proposito l’ANP, di cui mi onoro di far parte come socio, attraverso l’iniziativa del suo presidente il Prof. Antonello Giannelli ha promosso un percorso formativo del corpo docente e dirigente, finalizzato a sostenere una riforma del sistema educativo che necessariamente deve far leva su “la creatività”: creatività di chi? Creatività perché?

In primo luogo è necessario premettere che un’attività didattica in sé non può essere efficace se non c’è una riflessione sul prima, il mentre e il dopo a partire da concetti teorici.

Il lavoro di ricerca-azione ha evidenziato come la creatività, nelle sue differenti declinazioni, può contribuire a promuovere una scuola di tutti e di ciascuno, e per questo è importante che la scuola italiana le riconosca spazio e dignità, cioè promuovere creatività – colta nelle sue dimensioni “del fare” e “del pensare”

In questo senso la creatività’ nella scuola deve assumere il significato di “capacità di realizzare una produzione che sia allo stesso tempo nuova e adattata al contesto nel quale essa si pone in essere”: per cui i due concetti base che emergono nella produzione creativa sono la novità e l’adattamento. In un contesto scolastico la creatività diventa, nel rispetto di determinati vincoli, un processo e una performance. La capacità di essere creativo si sviluppa grazie ad un apprendimento mirato.

La scuola tendenzialmente è orientata a sviluppare il pensiero convergente, per cui per stimolare il pensiero divergente, si rende necessario formulare una richiesta per la quale, poten­zialmente, diverse soluzioni sono possibili. Comunque, di fronte a queste potenziali soluzioni, l’allievo dovrà convergere verso una soluzione e fare in modo che quest’ultima sia nuova e adatta al contesto.

Tornando ad Edgar Morin, l’impegno di favorire l’azione educativa della scuola, facendo leva sull’attività creativa, persegue lo scopo di promuovere l’opera di umanizzazione di cui il genere umano sempre più ha bisogno, dove, attraverso la capacità creativa delle nuove generazioni, si viene a confidare sulla categoria dell’improbabile.

Sulla base di questi presupposti mi sento di esprimere, a nome di tutti coloro che operano nella scuola, grazie al Prof. Giannelli per la sua lodevole iniziativa volta a risvegliare le menti prostrate o rassegnate di fronte alla problematicità del presente che ognuno viene a sperimentare.

 

Prof. Alfio Profeti

5 ottobre 2022 - Filosofiamo    No Comments

Il sogno di un visionario

Il Don Chisciotte di Cervantes sicuramente ancor’oggi può costituire l’occasione per riflettere sulla realtà di ogni giorno, in quanto in questa opera si delinea una corrispondenza dinamica tra azione e riflessione, tra passato e presente, orientando a reinterpretare la realtà come ognuno meglio crede.

Per questo possiamo dire che la realtà quotidiana che ciascuno sperimenta da luogo ad espressioni che hanno caratteristiche dell’utopia, nei termini del bisogno, dell’esigenza di far emergere la propria individualità nei termini di giustizia, di rimozione di ciò che viene percepito come iniquità, nel tentativo di superare quei rigidi rapporti sociali cristallizzati in un modello culturale rappresentato nei termini di un razionalismo giustificativo della realtà stessa, dando luogo all’emergere di ciò che viene ad essere inevitabilmente configurato come irrazionalità, come follia, cioè di un sogno che si infrange tragicamente contro la crudezza del reale.

A questo punto nasce spontanea la domanda: cosa dobbiamo intendere per sogno di un visionario?

Sicuramente il sogno è quello dei padri costituzionalisti che hanno cercato, attraverso la stesura della nostra carta costituzionale, di porre le condizioni, come dice Calamandrei, di una società che ancor’oggi stenta ad essere realizzata.

Nella cultura politica corrente, per democrazia si intende un complesso di istituzioni e di pratiche intese a garantire il potere d’intervento dei cittadini nelle questioni politiche.

A questo proposito Gyorgy Lukacs, esponente di spicco della Scuola di Francoforte, nel saggio “La democrazia della vita quotidiana” 1968, nel tentativo di stabilire il nesso tra pensiero ed azione, definisce come democrazia il rapporto attivo del singolo con l’intera società in cui vive, considerata in tutte le sue dimensioni.

In altre parole, secondo Lukacs, la democrazia costituisce la “concreta forza ordinativa politica di quella particolare formazione economica sul cui terreno essa nasce, opera, diviene problematica per giungere ad una soglia oggettiva, solo possibile ma comunque oggettiva”.

Tutto questo ci induce a chiarire e a penetrare pienamente, alla luce della problematicità del presente, che cosa sia la democrazia, ma soprattutto che in tempi anomali le normali regole non valgono e le si rispetta a proprio rischio e pericolo, nel senso che per quanto possiamo essere preparati dal punto di vista intellettuale ed emotivo, non siamo immuni alla fallibilità che regna suprema nelle congiunture come quella che stiamo vivendo.

Per questo motivo oggi più che mai in ogni cittadino deve affermarsi la consapevolezza della responsabilità delle proprie scelte elettorali.

 

Prof. Alfio Profeti

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