5 ottobre 2022 - Filosofiamo    No Comments

Su quali valori rifondare la società?

In un suo famoso saggio “La gioia di pensare” Vittorino Andreoli evidenzia come ognuno di noi sia al centro di una deprivazione delle fonti essenziali di gioia che non ci consente di ritrovare la stella polare della nostra esistenza.

A questo proposito Hamaui Daniela, in un suo articolo pubblicato su Repubblica del 30/08/2022, espone l’idea secondo cui taluni esponenti politici auspicherebbero la rifondazione dell’istituto famiglia secondo un modello tradizionale, in quanto ciò permetterebbe di ritrovare quella stella polare a cui fa riferimento Vittorino Andreoli.

Purtroppo, Andreoli nel suo saggio “Il denaro in testa”, rimarca come oggi più che mai si avverte la difficoltà a ritrovare il significato della vita e delle relazioni interpersonali in quanto l’uomo, essendo stato ormai trasformato in una sorta di salvadanaio che, una volta rotto, viene ridotto solo ad un mucchietto di cocci.

Lo stesso Adam Smith, nel suo saggio “La teoria dei sentimenti morali”, sottolinea come soltanto “la morale della simpatia” può costituire una sorta di contrappeso alle motivazioni più egocentriche dell’essere umano. Infatti l’interesse personale, per Adam Smith, è il vero motore dell’economia, che può essere perseguito soltanto nel rispetto di regole morali ben precise.

A quale morale dobbiamo necessariamente far riferimento?

Edward C. Banfìeld, in “The Moral Basis of a Backward Society”, pone l’accento sul ruolo della cultura nel favorire lo sviluppo o l’arretramento della società, cioè nel radicare o meno la coscienza della necessità di una comunità democratica, rispettosa della dignità di ogni cittadino, favorendo il pieno sviluppo di ogni persona umana.

A questo punto si rende indispensabile chiarire che l’immaginario politico ha da sempre generato, in momenti di crisi come quello che stiamo vivendo, delle soluzioni alternative alla realtà storicamente concreta attraverso immagini utopiche di Città ordinate, perfette che richiamano e testimoniano il desiderio che spesso si trasforma in rimpianto di un regno nuovo, luogo in cui è possibile vivere felicemente, realizzando una società perfetta, libera, giusta.

L’utopia è in sostanza un atteggiamento, un modello mentale, una costruzione ideale frutto dell’attività giudicativa propria dell’esperienza soggettiva volta a ristabilire una condizione di equità e di imparzialità.

Per questo emerge in tal senso la responsabilità di ogni classe dirigente nel ruolo che svolge come modello comportamentale nell’influenzare la condotta di ogni cittadino e, quindi, della società nel suo complesso.

Lo stesso Vittorino Andreoli, nel suo saggio “Homo stupidus stupidus”,

di fronte ad una società in cui emerge sempre più una realtà problematica, ritiene che si profili una sorta di regressione della specie umana determinata dalla perdita progressiva della razionalità e dell’affettività.

Tuttavia Ray Kurzwei, nel suo saggio Come creare una mente. I segreti del pensiero umano, afferma: “La nostra prima invenzione, in qualità di Homo sapiens, è stata il racconto attraverso il linguaggio parlato che ci ha permesso di rappresentare le idee e, quindi, il pensiero in modo chiaro e sintetico. Inoltre, sempre secondo Ray Kurzwei, con la successiva invenzione del linguaggio scritto l’homo sapiens sapiens ha sviluppato forme distinte per rappresentare simbolicamente le nostre idee, Giungendo ad ampliare enormemente la capacità dei nostri cervelli.”

Tutto questo induce a auspicare che, in momenti drammatici come quello che stiamo vivendo, l’uomo possa trovare la forza di reagire per recuperare una condizione di esistenza più umana, più rispettosa dei diritti di ciascuno.

 

Prof. Alfio Profeti

5 ottobre 2022 - Filosofiamo    No Comments

La cultura come condizione di un Paese democratico

Il compito della scuola secondo Bruner, è di trasmettere la cultura, che costituisce “la cassetta per gli attrezzi”, attraverso i quali è possibile realizzare da parte di ognuno l’adattamento alla civiltà, cioè un modo di risolvere crisi e problemi.

In tal senso la narrazione è una pratica sociale ed educativa che da sempre risponde a molteplici e complesse funzioni: dal “fare memoria” alla condivisione di esperienze collettive, dall’apprendimento al puro intrattenimento.

A questo proposito Farnese Daniela nel suo “A noi donne piace il rosso”, pag. 36, scrive:

“Quando ci siamo trasferiti qui a New York, per aiutare mamma a curarsi, avevo quasi tredici anni ed ero una ragazzina con la testa tra le nuvole. Non ero più così piccola da non capire, ma nemmeno abbastanza grande da accettare la realtà.”.

Queste considerazioni sottolineano come l’azione educativa della scuola, volta a sensibilizzare le giovani menti ad una cultura democratica, non sia priva di difficoltà.

Tuttavia, posso testimoniare,  come la scuola italiana cerchi di favorire in ogni giovane la consapevolezza dell’importanza della democrazia.

Purtroppo la permanenza di una forma di pensiero fondata sulla contrapposizione, sulla conflittualità, ma anche sulla paura di un cambiamento che possa rivoluzionare, cioè sconvolgere, la vita quotidiana di ogni cittadino, e significativamente ancora presente in molti di noi, che ci condiziona inevitabilmente nelle scelte, che siamo chiamati a fare.

Per questo il mio richiamo a Machiavelli, nel mio articolo “L’appello di Machiavelli agli italiani”, è finalizzato a richiamare l’attenzione sulla necessità, nel rispetto dei diversi punti di vista, di trovare degli obbiettivi da condividere e perseguire per risollevare tutti insieme le sorti del nostro Paese.

In questo senso avverto la necessità, come faceva il buon Socrate, di stimolare ogni persona, tutti i cittadini,sia i giovani come gli  anziani, nel rispetto delle proprie idee politiche, di testimoniare quelle preoccupazioni personali e collettive che sono fonte di ansia e di agitazione per l’intera collettività, attraverso l’esercizio del diritto/dovere del voto.

Pertanto ribadisco l’importanza che ognuno, sulla base di una ponderata scelta, deve esercitare democraticamente il diritto al voto, un diritto a cui , nessuno può rinunciare.

 

Prof. Alfio Profeti

5 ottobre 2022 - Filosofiamo    No Comments

Testimonianza della sensibilità democratica

Questa mattina, Mercoledì 31 Agosto 2022, in quanto cieco assoluto, sono stato accompagnato dalla mia collaboratrice a fare la spesa al CONAD di Cascina.

Purtroppo lo spazio dedicato al parcheggio dei disabili era in parte occupato da un ciclomotore che, di fatto, rendeva problematica la possibilità di parcheggiare nello stallo previsto.

Ho segnalato il problema al personale del supermercato, che, pur riconoscendo il comportamento non appropriato del possessore del ciclomotore in oggetto, oltre a rimarcare la non opportunità di tale condotta, mi è stato risposto che non si poteva fare altro.

Purtroppo, in modo ricorrente, si verificano fatti analoghi non solo a Cascina, ma anche in molte altre realtà urbane, per cui i disabili e tutti coloro che hanno diritto di accedere agli stalli predisposti, come nel caso della stessa possibilità di camminare lungo un marciapiede occupato indebitamente da una autovettura o da biciclette , sono ostacolati concretamente per cui chi ha difficoltà oggettive, riconosciute nella loro problematicità, nell’effettuare attività quotidiane che, senza taluni accorgimenti, non possono essere svolte.

Per questo invito ogni cittadino ad una maggiore attenzione nel favorire il rispetto dei diritti di ognuno, senza ostacolare alcuno.

 

Prof. Alfio Profeti

5 ottobre 2022 - Filosofiamo    No Comments

L’appello di Machiavelli agli italiani

Nel suo saggio “Alzare lo sguardo” Susanna Tamaro scrive:

“Nel Paese dei balocchi in cui viviamo risuona un unico imperativo: «Lascia perdere!”. La memoria e il rigore, l’impegno e l’etica sono fatiche inutili. Le molte realtà straordinarie della scuola e dell’impegno sociale, così come le famiglie, sono costrette a nuotare come salmoni contro la corrente della crisi economica, dell’arroganza al potere, del disprezzo verso i saperi”.

Queste riflessioni mi fanno inevitabilmente prendere in considerazione ciò che per Kant, per libertà si debba intendere l’includere la libertà ed il vincolo legislativo  cioè nel senso che per libertà la si pensi e la si pratichi come autonomia di ogni cittadino, evitando di cadere nell’errore di intendere la libertà come arbitrio individualistico. Nello stesso tempo   Kant sottolineava come l’uomo non può mai ridursi ad essere trattato dallo stesso uomo come un semplice “mezzo”, bensì deve essere trattato sempre anche come un “fine”, cioè in quella modalità inclusiva che accoglie anche la posizione dell’altro, che la ascolta e la valorizza, consentendo che le due parti agiscano da una posizione di rispettivo equilibrio interiore e da una sorta di simmetrica maturità, oltre che da una volontà di valorizzazione reciproca.

In tal senso ritengo che sia importante prendere in considerazione quanto la tradizione storica ci propone come esempio: agli inizi del V secolo a.C. la plebe romana era in fermento perché tormentata dalla servitù per debiti, cioè chi era in condizioni economiche disagiate era costretto a debiti che spesso, non potendo essere ripagati, portavano alla perdita della libertà personale. Nel 494 a. C. le agitazioni sfociarono in aperta rivolta, con la famosa secessio plebis sul Monte Sacro, significativa del rifiuto di partecipare alla vita civica e ai conseguenti doveri militari. Il Senato, dopo diversi tentativi di conciliazione andati a vuoto, inviò presso i ribelli una deputazione di dieci illustri cittadini. Infatti furono mandate ai plebei due ambascerie, ma che, essendo state minacciosamente respinte, si diede incarico a M. Valerio, T. Larcio e Menenio Agrippa e ad altri sette legati di parlamentare con i dissidenti. Valerio invitò la plebe a tornare in città, Bruto tenne un discorso assai commuovente, esponendo le richieste della plebe, e Agrippa persuase la folla alla riconciliazione.

Menenio Agrippa, in particolare, grazie al suo apologo, attraverso le colorite immagini metaforiche dell’indispensabile concordia fra tutte le parti del corpo umano, convinse i rivoltosi a trattare.

Machiavelli e Rousseau concordano sul fatto che tutto si lega intimamente alla politica, nel senso che l’azione politica investe i problemi generali della condizione umana, analizzata non in modo astratto ma in chiave storica e alla luce di un tempo, di un’epoca specifica – caratterizzata, a sua volta, da una crisi radicale dello «stato del mondo”.

Perché chiedere consiglio proprio a Niccolò Machiavelli, con tanti opinionisti, commentatori ed esperti?

Sicuramente Machiavelli testimonia di essere un consigliere competente, certamente del tutto disinteressato e che ha a cuore il bene dell’Italia. Infatti Machiavelli evidenzia come “quando i cittadini non sono più in grado di assolvere i loro doveri o perché sono pigri, o perché sono corrotti, o perché si ritengono troppo furbi, accade inevitabilmente che qualche uomo potente e scaltro si faccia signore e corrompa la libertà”.

Per questo ritengo che non dobbiamo sottovalutare il fatto che tra i mezzi che abbiamo a disposizione per controllare i governanti, e per far capire ai potenti che abbiamo a cuore il bene comune, l’esercizio del diritto/dovere  del voto, è la prima e fondamentale conquista del nostro paese a cui nessuno può rinunciare.

 

Prof. Alfio Profeti

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