

Su quali valori rifondare la società?
In un suo famoso saggio “La gioia di pensare” Vittorino Andreoli evidenzia come ognuno di noi sia al centro di una deprivazione delle fonti essenziali di gioia che non ci consente di ritrovare la stella polare della nostra esistenza.
A questo proposito Hamaui Daniela, in un suo articolo pubblicato su Repubblica del 30/08/2022, espone l’idea secondo cui taluni esponenti politici auspicherebbero la rifondazione dell’istituto famiglia secondo un modello tradizionale, in quanto ciò permetterebbe di ritrovare quella stella polare a cui fa riferimento Vittorino Andreoli.
Purtroppo, Andreoli nel suo saggio “Il denaro in testa”, rimarca come oggi più che mai si avverte la difficoltà a ritrovare il significato della vita e delle relazioni interpersonali in quanto l’uomo, essendo stato ormai trasformato in una sorta di salvadanaio che, una volta rotto, viene ridotto solo ad un mucchietto di cocci.
Lo stesso Adam Smith, nel suo saggio “La teoria dei sentimenti morali”, sottolinea come soltanto “la morale della simpatia” può costituire una sorta di contrappeso alle motivazioni più egocentriche dell’essere umano. Infatti l’interesse personale, per Adam Smith, è il vero motore dell’economia, che può essere perseguito soltanto nel rispetto di regole morali ben precise.
A quale morale dobbiamo necessariamente far riferimento?
Edward C. Banfìeld, in “The Moral Basis of a Backward Society”, pone l’accento sul ruolo della cultura nel favorire lo sviluppo o l’arretramento della società, cioè nel radicare o meno la coscienza della necessità di una comunità democratica, rispettosa della dignità di ogni cittadino, favorendo il pieno sviluppo di ogni persona umana.
A questo punto si rende indispensabile chiarire che l’immaginario politico ha da sempre generato, in momenti di crisi come quello che stiamo vivendo, delle soluzioni alternative alla realtà storicamente concreta attraverso immagini utopiche di Città ordinate, perfette che richiamano e testimoniano il desiderio che spesso si trasforma in rimpianto di un regno nuovo, luogo in cui è possibile vivere felicemente, realizzando una società perfetta, libera, giusta.
L’utopia è in sostanza un atteggiamento, un modello mentale, una costruzione ideale frutto dell’attività giudicativa propria dell’esperienza soggettiva volta a ristabilire una condizione di equità e di imparzialità.
Per questo emerge in tal senso la responsabilità di ogni classe dirigente nel ruolo che svolge come modello comportamentale nell’influenzare la condotta di ogni cittadino e, quindi, della società nel suo complesso.
Lo stesso Vittorino Andreoli, nel suo saggio “Homo stupidus stupidus”,
di fronte ad una società in cui emerge sempre più una realtà problematica, ritiene che si profili una sorta di regressione della specie umana determinata dalla perdita progressiva della razionalità e dell’affettività.
Tuttavia Ray Kurzwei, nel suo saggio Come creare una mente. I segreti del pensiero umano, afferma: “La nostra prima invenzione, in qualità di Homo sapiens, è stata il racconto attraverso il linguaggio parlato che ci ha permesso di rappresentare le idee e, quindi, il pensiero in modo chiaro e sintetico. Inoltre, sempre secondo Ray Kurzwei, con la successiva invenzione del linguaggio scritto l’homo sapiens sapiens ha sviluppato forme distinte per rappresentare simbolicamente le nostre idee, Giungendo ad ampliare enormemente la capacità dei nostri cervelli.”
Tutto questo induce a auspicare che, in momenti drammatici come quello che stiamo vivendo, l’uomo possa trovare la forza di reagire per recuperare una condizione di esistenza più umana, più rispettosa dei diritti di ciascuno.
Prof. Alfio Profeti