Prof.ssa Elena Profeti – Il Sé e l’Autostima

Prof.ssa Elena Profeti

Il Sé e l’autostima

Il modo in cui ciascuno considera se stesso ha conseguenze importantissime non solo per la vita attuale ma, molto verosimilmente, per il futuro.

Gli psicologi sociali e i pedagogisti hanno sempre mostrato interesse per l’immagine di sé, cioè il modo in cui le persone classificano o definiscono se stesse.

Abbiamo naturalmente molte diverse immagini di noi, delle nostre capacità, delle nostre qualità personali, del modo in cui ci comportiamo con gli altri ecc […].

Spesso ci si riferisce all’insieme organizzato dei concetti di sé come allo “schema del Sé”, o “senso di identità personale”.

Se lo schema del sé è per lo più formato da concetti positivi, si dice che l’individuo ha un’alta autostima; un autoritratto per lo più negativo è caratterizzato da una situazione di scarsa autostima.

La maggior parte degli psicologi concorda sul fatto che l’individuo comincia a formare i concetti di sé a un’età molto precoce.

I bambini piccoli non hanno capacità verbali per dare informazioni attendibili su come si considerano.

Tuttavia è stata messa a punto una misura della consapevolezza di sé valida e interessante, che fa uso dello specchio: all’insaputa del bambino, si strofina sul suo naso una piccola quantità di rossetto. Più tardi il bambino ha la possibilità di vedere la sua immagine in un grande specchio.

I bambini riconoscono la loro immagine?

Si può rispondere a tale domanda osservando se i bambini muovono le mani verso il naso o se invece indicano il loro naso rosso o ne parlano.

I bambini al di sotto di un anno, raramente identificano l’immagine come loro appartenente.

Verso l’età di 15 mesi, tuttavia, molti bambini reagiscono riconoscendosi. Verso i due anni, solo pochi bambini non sono consapevoli della loro immagine allo specchio. L’immagine di sé matura molto presto e l’autostima sembra strutturarsi nei primissimi anni, tuttavia c’è scarso motivo di credere che tali concetti siano fissati una volta per tutte nella personalità.

Grazie al nostro coinvolgimento nei rapporti sociali, siamo sempre vulnerabili al cambiamento.

I     Meccanismi, attraverso i quali si verifica il cambiamento del concetto di sé nel corso della vita, sono soprattutto quattro:

        1. Il sé autoriflettente;
        2. il confronto sociale;
        3. l’assunzione di ruoli;
        4. la percezione delle differenze.

Il sé autoriflettente.

Che tipo di persona siamo realmente? In gran parte la risposta a questa domanda sta nelle definizioni fornite dall’ambiente sociale.

Per rispondere alla domanda dunque, la soluzione più diretta al problema è fare riferimento alle opinioni degli altri su di noi.

George Herbert Mead, tra i primi teorici sociali, afferma che il concetto di sé in un individuo è, nell’insieme, un riflesso delle opinioni comunicate da altri significativi: la società fornisce uno specchio in cui l’individuo scopre la sua immagine, o una definizione di sé.

Numerosi esperimenti di psicologia sociale hanno mostrato come l’autostima migliora momentaneamente anche semplicemente se riceviamo degli apprezzamenti. In realtà le cose sembrano essere più complesse. Le persone possono essere molto selettive nella loro scelta di uno “specchio sociale”: certe opinioni possono essere ignorate o sottovalutate in quanto non aderenti al nostro schema del sé e, al contrario, certe altre, per motivi opposti possono essere enfatizzate e sopravvalutate.

Evidentemente le persone rinforzano l’autostima riponendo maggior fiducia nelle opinioni di chi li valuta favorevolmente.

In generale però, le opinioni che provengono dagli “altri significativi” sono tenute in grande considerazione.

Non solo. Poiché impariamo su noi stessi dagli altri, anche le nostre azioni possono cambiare. Impariamo a vederci in un dato modo e possiamo addirittura modellare il nostro comportamento in armonia con questi nuovi concetti. Consideriamo il seguente esperimento condotto in una scuola nel 1975 da Miller, Brickman e Bolen:

Due gruppi di bambini. Si disse più volte ad un primo gruppo che tutti i membri erano molto puliti e molto ordinati.

In pratica, essi impararono un nuovo modo di considerare se stessi. Al secondo gruppo di bambini si fecero delle “ramanzine” sull’importanza dell’ordine e della pulizia sostenendo che “avrebbero dovuto essere ordinati e puliti”. I ricercatori dopo alcune settimane tornarono nel luogo dell’esperimento e misurarono la quantità di disordine compiuto dai due gruppi. bambini che avevano appreso di essere puliti e ordinati dimostrarono di essere realmente così in una percentuale notevolmente più alta del secondo gruppo.

Questi straordinari risultati fanno riflettere sull’importanza dell’atteggiamento degli educatori nei confronti dei loro allievi.

Il confronto sociale.

Le persone scoprono chi sono anche tramite il confronto sociale. Il teorico Leon Festinger (1954), ha sostenuto che il processo di confronto sociale è probabilmente il veicolo principale attraverso cui le persone determinano il vero e il falso nella vita sociale.

Quando siamo in presenza di persone da noi valutate vistosamente inferiori, tendiamo a migliorare la nostra autostima e viceversa.

I risultati di molti esperimenti condotti in tal senso, hanno messo in evidenza come nello scegliere gli amici, la scuola, il posto di lavoro o il luogo in cui vivere, si sta probabilmente scegliendo un senso al proprio sé, un senso di identità personale.

In tutte le situazioni sociali ci paragoniamo agli altri e traiamo conclusioni su di noi.

Molti studenti che frequentano scuole mediocri hanno spesso una concezione di sé più positiva; quelli che si trovano in scuole altamente competitive, hanno spesso un senso di inferiorità (Marsh e Parker, 1984).

Assumere un ruolo: maschera o realtà?

In psicologia quando si prende in pubblico una posizione che non corrisponde alle convinzioni personali, si parla di “interpretazione di un ruolo”. Si è scoperto che le persone che interpretano ruoli pubblici, spesso ne sono influenzati e finiscono per assumere un’immagine di se stessa coerente con il ruolo interpretato.

Per comprendere questo processo è fondamentale comprendere come la gente considera se stessa. Ogni giorno interpretiamo ruoli diversi, siamo cordiali, servizievoli e attenti anche quando “non lo sentiamo”. Questo comportamento può influenzare l’immagine che abbiamo di noi stessi, Molti attori di teatro ne sono profondamente consapevoli, le parti che recitano sul palcoscenico si insinuano nelle loro vite quotidiane.

Con il tempo le maschere diventano una realtà personale. Uno dei primi ricercatori in questo campo ha fatto le seguenti osservazioni sulla personalità degli insegnanti:

“Il modo rigido e formale con cui ogni mattina il giovane professore reprime se stesso diventa [..,] una colata di gesso da cui non potrà più liberarsi. I metodi didattici, i modi autoritari, il tono di voce monotono e sicuro di sé diventano parte integrante della sua vita […] e persistono nei suoi rapporti personali”. (Walzer, 1932).

Gli insegnanti sono certamente cambiati, ma non le conseguenze del loro comportamento in classe. Interpretare un ruolo positivo, anche solo fingendo, col passare del tempo modifica la percezione che abbiamo di noi stessi.

La fiducia in noi stessi si può manifestare in seguito all’azione.

Differenze sociali.

Analizziamo ora un ultimo fenomeno che influenza il concetto di sé. E’ facile constatare che la gente sviluppa l’immagine di sé osservando i modi in cui si distingue dagli altri. Osservare le differenze fra noi e gli altri, serve ad accrescere la coscienza di una particolare caratteristica, e questa diviene un mezzo di identificazione personale.

In una ricerca sugli effetti delle differenze, alcuni ricercatori intervistarono negli USA più di 500 studenti delle scuole secondarie, chiedendo loro di parlare di sé per cinque minuti e dire qualsiasi cosa venisse loro in mente.

Circa l’82% degli studenti erano anglofoni bianchi, il 9 % era costituito da neri e l’8% da ispanici. Gli ultimi due gruppi avevano caratteristiche distintive più marcate degli altri studenti. Le auto-descrizioni mostrarono che soltanto l’1% dei bianchi menzionò spontaneamente il colore della propria pelle; al contrario, il 17% dei neri e il 14% degli ispanici menzionò il colore della pelle e il gruppo etnico di appartenenza.

Tutto questo mette in evidenza come il senso di identità personale si costruisce anche attraverso un inventario delle differenze sociali che mostriamo rispetto alla maggioranza che ci circonda.

Questo ed altri studi mostrano come le persone non acquistano consapevolezza di se stessi con indagini introspettive o lunghe passeggiate solitarie: l’immagine di sé evolve all’interno di relazioni attive.

Strategie di autoconservazione: tenere insieme se stessi.

In un certo senso il quadro tracciato sullo sviluppo del sé fin qui è impressionante: siamo semplici prodotti dei rapporti sociali che ci coinvolgono e cambiano continuamente l’opinione su di noi secondo la situazione.

Sembriamo privi di un carattere stabile e soggetti a sentimenti di frammentazione.

In realtà, molti psicologi hanno mostrato come esistano delle vere e proprie strategie messe in atto dal soggetto per garantire una certa stabilità e unità all’immagine del sé. Sono vere e proprie tecniche di autoconservazione dell’identità personale. Una di queste tecniche consiste ad esempio, come abbiamo già detto, nell’attenzione orientata: siamo più attenti alle informazioni che confermano le nostre ipotesi.

Anche quando siamo costretti a tener conto di alcune informazioni che non sono in armonia con il nostro schema del sé, possiamo sempre (come spesso facciamo) interpretare in modo orientato il messaggio. Le azioni degli altri sono soggette a una continua interpretazione: ci chiediamo come intendere il comportamento altrui, comportamento che spesso è ambiguo e lascia molti margini di interpretazione. Con abili interpretazioni, possiamo rimanere in un mondo immaginario di autocompiacimento, anche se gli altri pensano su di noi cose spiacevoli.

Un’altra strategia consiste nel selezionare abilmente le proprie amicizie, accogliendo la compagnia solo di chi conferma il nostro punto di vista su noi stessi.

Come abbiamo visto, sono molti i modi per confermare l’immagine di sé.

Si è selettivi verso un certo tipo di informazione, si deforma il significato delle azioni altrui con opportune interpretazioni, individuando quelle che confermano la nostra opinione ecc…

In realtà, queste strategie di autoconservazione del senso di identità sembrano dettate dalla necessità dei rapporti sociali.

L’individuo non può affrontare i rapporti sociali mostrandosi instabile e trasparente.

Nello stesso tempo cosa accadrebbe se recitassi sempre la stessa parte sul palcoscenico sociale?

Qual è la giusta misura tra bisogno di stabilità e desiderio di cambiamento?

SCARICA ARTICOLO NELLA VERSIONE PDF

Comments are closed.