19 giugno 2015 - APPUNTI, Filosofiamo    No Comments

Razionalismo ed Empirismo

Cosa sostiene il razionalismo?

Il razionalismo sostiene che la ragione è la via principale per le  nostre conoscenze. Noi conosciamo la realtà tramite la nostra ragione: è la ragione che stabilisce il rapporto tra soggetto e oggetto, tra io e mondo, ed  è lì, nella mente, la chiave della possibilità di conoscere.  Ma la ragione procede per astrazioni, per idee “ chiare e distinte” ( Cartesio); si muove bene nei rigori della matematica, nelle operazioni con idee spogliate degli aspetti mutevoli delle sensazioni. I concetti della ragione sono necessari e autoevidenti  ( a priori dirà Immanuel  Kant , cioè non hanno bisogno della conferma dell’esperienza): ad esempio “tutti i corpi sono estesi”, sono concetti veri in sé,  non vengono confermati o smentiti dall’esperienza.  Il razionalista quindi tende a , come dire, “ restare dentro la mente”, cercando concetti universali di ordine e di misura che, con “catene di ragionamenti” si possano  applicare ad ogni ramo dello scibile, compresa la morale e la politica, e avviarne la quantificazione geometrica. Il razionalista si rapporta male con l’esperienza sensibile, che è varia, mutevole, imprevedibile e soggettiva, ed è portato per questo a dare scarso valore conoscitivo alle percezioni dei nostri sensi, che  spesso si contraddicono e ingannano. Il razionalista tende all’innatismo, cioè a ipotizzare idee innate,  non provenienti dall’esperienza sensibile, ma precedenti ad essa in quanto indispensabili per giustificarla. Il razionalismo quindi, nel suo rigoroso “mentalismo”  (cioè tendenza a privilegiare la mente, rispetto alla sensazione) è portato a costruire sistemi perfetti ma, come dire, “interni” alla mente : le nostre percezioni, (che prima di tutto ci arrivano dai sensi: vista, udito, gusto ecc.) sono variabili, soggettive, effimere e mal si accordano con una impostazione razionalista della gnoseologia.

Cosa caratterizza l’empirismo?

“Empiria”, in greco, significa esperienza: empirico, quindi, significa basato sull’esperienza. L’empirismo capovolge il punto di partenza del razionalismo: partiamo dai nostri sensi, non dalla ragione, per conoscere. Noi incominciamo a conoscere con i sensi: sono i sensi che stabiliscono il rapporto tra noi e la realtà. Muovendo dalle sensazioni ed elaborandole noi formiamo dei concetti sempre più complessi ed  astratti:  l’esperienza è “ il  luogo  dell’ originaria e genuina evidenza e ogni sapere parte dai sensi: si deve procedere dalla sensazione al concetto, e non viceversa.”

“ Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu” può essere considerato il motto degli empiristi, anche se  è tratto dalla tradizione scolastica.

La scuola empirista è dominante in Gran Bretagna, dove trova spazio in atteggiamenti pragmatici legati alprocedimento dell’induzione, mentre il razionalismo è tipico del continente, orientato prevalentemente mediante il procedimento deduttivo. John Locke, che già conosciamo per le teorie politiche, e lo scozzese David Hume sono tra i filosofi empiristi britannici più importanti.

L’empirismo britannico ispira una abitudine di saggia tolleranza che sappia limitare i danni prodotti dal fanatismo e dal pregiudizio dogmatico: non a casola Gran Bretagnadel 700 è la patria del liberalismo e della rivoluzione industriale.

 Razionalismo ed empirismo sono correnti filosofiche (meglio gnoseologiche) contrastanti ed apparentemente inconciliabili. Ma partono da un problema comune: “ razionalismo ed empirismo possono essere considerati come i due modi in cui la filosofia moderna precritica ( cioè pre- Kantiana) tenta, nel 600 e nel 700, di risolvere il problema della capacità del nostro pensiero di cogliere la realtà esterna. Due modi diversi, che non hanno in comune tuttavia soltanto il problema, ma anche quelle fondamentali convinzioni teoriche che consentono il costituirsi del problema: l’indubitabilità delle nostre rappresentazioni e l’esistenza della realtà ad esse esterna”.

 

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