Educare alla Cittadinanza e ai Diritti Umani

CORSO DI PERFEZIONAMENTO UNIVERSITARIO

“DIRITTO ALL’ISTRUZIONE E DIDATTICA INTERCULTURALE”

CISP – Centro Interdisciplinare di Ateneo “SCIENZE PER LA PACE” Università degli Studi di Pisa

ANNO ACCADEMICO 2010/2011

“EDUCARE ALLA CITTADINANZA: I DIRITTI UMANI E LE LORO CATEGORIE”

Contributo dei Prof. Alfio Profeti e Prof.ssa Elena Profeti (perfezionandi)

PREMESSA “Educare ai Diritti Umani per formare alla cittadinanza”

I processi di globalizzazione e i flussi migratori sempre più consistenti rendono necessario oggi ridefinire l’idea di “cittadinanza”. Mentre un tempo la cittadinanza era definita dalla nascita e dall’appartenenza ad un suolo, oggi questi riferimenti risultano inadeguati rispetto alla situazione attuale. Inoltre è dato riscontrare sempre più che l’aumento delle diseguaglianze e l’estendersi delle forme di emarginazione rischiano attualmente di ridefinire nei fatti la cittadinanza con il metro della ricchezza e della possibilità effettiva di “accesso” a determinate opportunità e privilegi. Tale possibilità di accesso, però, ci obbliga a richiamare la centralità della Dichiarazione dei Diritti Umani.

Essa è un codice etico di importanza storica fondamentale, in quanto è stato il primo documento a sancire universalmente (cioè in ogni epoca storica e in ogni parte del mondo) i diritti che spettano all’essere umano. Come tale non può essere ignorata né minimizzata. Idealmente, la Dichiarazione è il punto di arrivo di un dibattito filosofico sull’etica e sui diritti umani che nelle varie epoche ha visto impegnati filosofi di diversificato genere. Inoltre, essendo la Dichiarazione la base di molte delle conquiste civili della seconda metà del XX secolo, essa costituisce l’orizzonte ideale della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, confluita poi nel 2004 nella Costituzione europea. Non si può pertanto ignorare il riferimento a tali conquiste ed, affinchè ci sia una reale “globalizzazione dei diritti umani” è indispensabile che a tutte le persone che vivono effettivamente nel nostro paese vengano riconosciuti i medesimi diritti alla sicurezza personale (abitazione, salute, lavoro), all’espressione e alla realizzazione di Sè, alla partecipazione attiva alla vita sociale, e che più in generale si educhino le persone alla cooperazione per realizzare insieme progetti comuni. Infatti oggi educare alla cittadinanza significa in primo luogo riconoscere la medesima appartenenza ad un’unica umanità e ad un unico pianeta, il che comporta educare al riconoscimento delle alterità distanti e all’impegno per una giustizia internazionale. A tal fine l’educazione e la cultura giocano un ruolo fondamentale non soltanto per il rispetto, ma anche per lo sviluppo della diversità dell’uomo. Tuttavia i nuovi paradigmi della cittadinanza possono essere costruiti (non imposti) solo attraverso una partecipazione attiva e creativa di tutte le persone all’avventura educativa e culturale. In questo senso l’educazione deve accettare la sfida di farsi pratica di libertà, per creare un’attitudine generale a porre e a formulare problemi, sviluppando l’intelligenza attraverso il dubbio e promuovendo uno spirito problematizzatore. Sappiamo però che i fenomeni di globalizzazione dei mercati e delle comunicazioni non hanno portato con sé un’estensione e uno sviluppo generalizzato della democrazia e dei diritti ad essa correlati. Per questo siamo di fronte al paradosso segnalato da Luhmann: la società è fatta in ultima analisi di interazioni dirette fra persone, ma la società che è cresciuta non è più accessibile alle persone per mezzo dell’interazione diretta. Su questa base, dal punto di vista locale, occorre pensare a pratiche educative che restituiscano ai luoghi la loro capacità di produrre senso per l’esistenza, rivalutando la dimensione della communitas, ancorandosi ai territori come spazi vissuti di organizzazione delle identità, dei saperi, delle relazioni, delle comunicazioni, delle visioni del mondo. Invece, dal punto di vista globale, è necessario aprirsi alla sfida della formazione di un cittadino globale, nel confronto tra culture e civiltà. Naturalmente i diritti dei cittadini dei paesi più ricchi non devono essere in contraddizione con i diritti delle persone del resto del mondo. Per questo, oltre al riconoscimento di alcuni principi minimi universali inderogabili, occorre che ci sia la volontà etica e politica di costruire “nuove forme di incontro”, riconoscimento e di “cooperazione internazionale”. E’ indubbio che i problemi della globalizzazione evidenziano una situazione a due facce: da una parte, disorientamento e disgregazione che favoriscono neo-tribalismi e fenomeni di fondamentalismo, in occidente come in oriente; dall’altra, un’accresciuta rete di comunicazioni che ha reso il mondo infinitamente più piccolo. Però la crescita lenta ma costante dell’Unione Europea, proiettata oltre la dimensione economica, verso un possibile assetto costituzionale, ha mostrato l’inevitabilità di nuove forme di cittadinanza sopranazionale in cui istituzioni come l’ONU detengono un potere reale. Per questo un profondo cambiamento risiede nel rapporto tra le generazioni e tra i sessi. Infatti lo statuto del bambino, della donna, dell’anziano ha subito cambiamenti di vario tipo. In particolare la Convenzione Internazionale dei diritti del fanciullo del 1989, ad esempio, costituisce da un lato il traguardo più avanzato di difesa del bambino; dall’altro, però, ha messo in luce le due dimensioni, apparentemente contraddittorie, con cui si guarda all’infanzia: la protezione e la richiesta di una sua maggiore partecipazione alle scelte che la società opera nei suoi confronti. In altre parole, la Convenzione esprime le due anime della società nei riguardi del bambino: • la prima, secondo cui bisogna proteggere il minore (bambino e adolescente) in quanto persona debole e vulnerabile; • la seconda, per cui occorre considerarlo capace di responsabilità e di esercizio dei propri diritti. Queste due diverse concezioni tendono a contrapporsi, mentre la prospettiva educativa oggi indica come strada l’equilibrio e la conciliazione tra “emancipazione” e “protezione”. In questo delicato ed improcrastinabile impegno, è la Scuola che deve giocare un ruolo fondamentale. Infatti il Consiglio d’Europa ha definito il 2005 l’anno europeo della cittadinanza attraverso l’educazione. In tale direzione, il tema dell’educazione alla cittadinanza, nelle sue interne antinomie tra locale e globale, individuo e comunità, etica e politica, è stato oggetto di una serie di iniziative dell’Unione Europea raccolte nel progetto “Anno Europeo della Cittadinanza attraverso l’Educazione”. Questo progetto muove dalla convinzione pedagogica che l’educazione alla cittadinanza sia un investimento per lo stesso futuro democratico dell’Europa. Tuttavia nella nozione di cittadinanza convergono esigenze, aspettative, finalità molteplici e differenziate. Si va dallo sviluppo di una cittadinanza attiva, all’apprendimento dei valori democratici, dall’educazione alla legalità, all’educazione ai diritti umani in prospettiva globale, all’aumento, localmente, della partecipazione dei cittadini (con un’attenzione particolare alla pari opportunità per le fasce deboli) alla vita politica, sociale, culturale. E’ fuori dubbio che oggi educare alla cittadinanza esige, più che mai rispetto al passato, operare per l’effettivo e critico empowerment di tutti i cittadini, perché educare alla cittadinanza esprime la necessità di saper progettare un’educazione etico-sociale in grado di formare gli individui all’intera gamma delle dimensioni del sociale: da quelle che richiedono un’elevata capacità di autonomia (di resistenza al gruppo, di affermazione delle proprie valorialità e conoscenze), a quelle che pretendono la partecipazione consapevole all’esperienza sociale (attraverso sia la conoscenza e la pratica critica delle regole della coesistenza pacifica, sia l’assunzione di atteggiamenti e comportamenti di curiosità e di solidarietà nei confronti dell’”altro”), a quelle, infine, che postulano l’esigenza della condivisione (culturale ed esistenziale, di saperi, di progetti, di valori…) con altri singoli e gruppi.

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